Iperpubblicizzati, iperspecializzati, iperconsigliati. Un desiderio di felicità che non conosce status né latitudine, che ha creato un'economia, alimentato un settore farmacologico, inculcato il bisogno di serenità artificiale. Lo piscofarmaco è un acquisto silenzioso che oggi coinvolge quattro milioni di italiani, un fenomeno di massa sottovalutato, che nell'ultimo secolo ha prodotto quasi quattrocento etichette medicinali a livello mondiale, sempre più specializzate e calibrate per disinnescare qualsiasi malessere generato dalle emozioni, dall'ansia, dal dolore, da ogni genere di stato d'animo non controllabile. Un bene di consumo quasi banalizzato, da vendere a prescindere dal reale bisogno: così appare in Psychofarmers (Isbn, 299 pagg., 16.50 euro) quello che dovrebbe essere un prodotto scientifico specialistico ed esclusivo. Lo storico Pietro Adamo e il neuropsichiatra Stefano Benzoni, hanno ricostruito la sua evoluzione negli ultimi cento anni, la sua capacità di ritagliarsi uno spazio nel carnet delle esigenze collettive, hanno scovato i manifesti delle campagne pubblicitarie e le storie dei nomi celebri che ne hanno fatto un uso più o meno controllato, e che alla pillolina della felicità devono la vita o la morte. L'altro piano di lettura di questo libro è invece una sorta di guida al non-utilizzo degli psicofarmaci, attraverso una carrellata di notizie utili, chiare e spesso quasi sconosciute, da leggere in sequenza o facendo zapping tra le pagine, lasciandosi catturare da immagini e titoli.
Eppure, secondo lo psichiatra portoghese José Luís Pio Abreu, autore del geniale Come diventare un malato di mente (Voland, 173 pagg., 13 euro) ognuno di noi ha - in fasi alterne e secondo i propri gusti - il diritto di essere un po’ fobico o paranoico, magari leggermente ossessivo o anche schizoide. Così il medico ha steso un manuale con tutte le indicazioni del caso per immedesimarsi in un disturbo clinico piuttosto che in un altro. La partenza, rigorosa, fa riferimento alle sei classificazioni adottate dalle istituzioni psichiatriche statunitensi, e poi Abreu si lancia in una serie di consigli pratici. Volete misurarvi in un episodio maniacale? Basta prendere antidepressivi in quantità industriale, dormire poco e lavorare molto, passare qualche notte in bianco e fare progetti. Il resto verrà da sé. Per il delirio ossessivo-compulsivo si parte dall'idea di dover essere perfetti, mentre se si ambisce a un disturbo dissociativo occorre iniziare a imitare sistematicamente gli altri, e a questo proposito si può prendere come punto di riferimento uno qualsiasi dei personaggi televisivi o dello spettacolo. Ogni scelta implica un breve tirocinio, ma Abreu garantisce che ognuno di noi può farcela.
Su questi temi, con grande sarcasmo, ha lavorato l'artista Silvia Levenson: il risultato sta in opere come Be Happy.
La musica, per stemperare i pensieri, è questa.
Sapevo già tutto ;o) ora sono al disturbo ossessivo compulsivo. La Levenson è una grandissima. Te l'ho detto che sapevo già tutto? E che la Levenson è una grandissima? Ma hai capito bene? sapevo già tutto, te l'ho detto che sapevo già tutto? E che la Levenson è un'artista eccezionale? perchè se ancora non lo sai, sapevo già tutto... e la Levenson, eccezionale! Un'artista eccezionale. Un a donna eccezionale, questo non te l'avevo ancora detto. O sì?
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