domenica 7 giugno 2009

L'imperdibile Auroralia con Cenciarelli e Pioppi

Jerry Uelsmann, Untitled, 1987

Il progetto, ideato da Gaja Cenciarelli, partiva da questa fotografia di Jerry Uelsmann, e testualmente recitava: "Sarebbe un onore immenso per me se voleste scrivere un racconto, una storia, qualsiasi cosa vi ispiri questa immagine... Fatelo per l'amore che provo per voi...". Come rifiutare? Tantopiù che questa immagine di sospensione eterna subito mi ha ispirato quello che potete leggere qui sotto. Il progetto si è tradotto in una pubblicazione permanente dei 50 testi sul sito di Gaja, Sinestetica.net, e in un reading organizzato a Roma il 26 giugno.
Seguendo questo link, potete leggere il post originale, dove il mio racconto (privilegiata dalla sorte alfabetica tra 50 aspiranti...) è abbinato a quello di Gaja, dal titolo "Quante volte".

NON SPERAVA
Non sperava che si potesse stare anche così. In una sospensione priva di emozioni, di pensieri, di passato e di angoscia. Con la testa leggera, il corpo piacevolmente indifferente. Non aveva immaginato che decine di chilometri sarebbero bastati ad assottigliare fino a quel punto i fili tra lei e tutto ciò di cui aveva riempito le sue giornate, con cui aveva mascherato la sua assenza di progetti, la sua impossibilità di azione, la claustrofobia prodotta da persone troppo presenti. Voleva solo smettere di sentire il rumore delle voci conosciute, del telefono di casa, delle solite storie ripetute fino allo sfinimento, e sostituirlo con il calore del sole pesante, fitto, annientante. Ore stesa immobile, parallela al suolo, priva di bisogni. Un libro e una bottiglia d’acqua. Nessuno con cui parlare, il telefono spento, una fuga appagante. Musica in autostrada per coprire la visione di un asfalto immutabile, e poi la percezione della lontananza alle spalle. Non sperava che si potesse raggiungere quello stato, e non lo aveva cercato. Era stata una fulminazione, alla fine della giornata. Uno di quei momenti che, da lì in avanti, segnano un prima e un dopo. Quell’attimo in cui aveva alzato lo sguardo dal libro all’ora dell’aperitivo, e finalmente non aveva sentito nulla attorno a sé. La pelle e la testa cotte dal sole, un vino bianco pieno di profumi, una piazza dai muri antichi. La percezione palpabile della distanza, del distacco, della sospensione. Un attimo di nulla assoluto. Desiderato da sempre a mai ottenuto. Finalmente era lì quel foglio bianco, lo spazio della sua vita tante volte trasformato in una metafora: troppo pieno e confusionario, invadente, soffocante. Popolato. Quel foglio su cui immaginava di scagliarsi con un colpo di mano, di far tornare bianco e sgombro per godersi quell’assenza di tutto che la faceva rilassare. Finalmente era lì, in un attimo ovattato, sospeso. Un piacere che la circondava, un abbraccio dedicato solo a lei. Un cambio di rotta ormai inevitabile.

6 commenti:

  1. Beh che dire Paola? Bellissimo...quante volte si vorrebbe raggiungere quell'attimo di sospensione, di nulla assoluto, assenza di pensieri, di parole, di persone...solo un libro e una bottiglia d'acqua, si.
    Brava!
    Annalisa

    RispondiElimina
  2. Grazie Annalisa! Mi fa piacere vedere che ora lasci una traccia del tuo passaggio... Buona domenica

    RispondiElimina
  3. ci sono attimi in cui l'essere sospesi diventa una necessità, un'esigenza primaria e sono attimi di intimità assoluta con se stessi...

    Martita

    RispondiElimina
  4. Sai com'è Paola...sono un'insegnante ed ora che la scuola è finita ho un po' più di tempo, finalmente! Così posso leggere con calma e non sempre di corsa, riflettere e fermarmi a scrivere!
    Annalisa

    RispondiElimina
  5. @ Martita: verissimo, infatti....
    @Annalisa: guarda, ti invidio, credimi

    RispondiElimina
  6. c'è chi vive in sospeso. ho sbagliato tema? ;o)

    ciao Annalisa... :o)

    RispondiElimina