Prima di passare la parola agli addetti ai lavori, Piero Colaprico conclude questa serie di interventi sui protagonisti seriali della narrativa. Parla di Salvatore Bagni, ultimo arrivato tra le sue creazioni, ma la sua scrittura si è sempre confrontata con protagonisti nati in funzione della serie, della possibilità di ritrovarli e di seguirli, magari incrociandone le storie: il Maresciallo Pietro Binda, nato dall'esperienza di scrittura con Pietro Valpreda, Corrado Genito, ex carabiniere dai trascorsi mai troppo chiari, ed infine Bagni, poliziotto spregiudicato, quel tanto che basta per complicarsi la vita privata e, ogni tanto, far tremare i polsi dei suoi lettori. Uno che sa sempre come cavarsela...
Piero Colaprico e l'ispettore di polizia Francesco Bagni: l'ultimo romanzo è La donna del campione (Rizzoli)
Tutti i miei personaggi, tutti, dai protagonisti alle comparse, sono seriali. C’è persino un boss morto ammazzato, Ferdinando Natalone detto il Colombiano, che torna, sotto forma di citazione in vari libri successivi a quello che l’ha visto coprotagonista, Kriminalbar (Garzanti bestseller, ristampa febbraio 2010, euro 8,90). E in un libro incardinato sul maresciallo Binda, carabiniere serio e onesto del Nord creato insieme con Pietro Valpreda (Marco Tropea editore), fa capolino anche l’ispettore della Omicidi Francesco Bagni.
Bagni. Sì, lui è l’unico del quale vorrei parlare come "seriale". Per varie ragioni. Sia perché non si sa che fine abbia fatto. C’è chi dice che sia morto, chi invece sostiene che sia vivo e stia all’estero, per svolgere un compito molto difficile e delicatissimo in zona di guerra. Poi perché esiste un’intrigante questione femminile intorno a Bagni: ci sono lettrici che mi scrivono "eh, sarebbe bello conoscere un tipo così". Altre lo definiscono semplicemente uno stronzo.
Bagni mi ha regalato alcune soddisfazioni. Come protagonista di Trilogia della città di M. mi ha fatto vincere il Premio Scerbanenco, ex aequo con la mia amica Barbara Garlaschelli. E con La donna del campione (Rizzoli, 2007) mi ha confortato non poco: quando ho finito di scrivere, ho avuto la certezza di essere diventato io uno scrittore e se non fosse stato per il fiuto, le debolezze e la caparbietà di Bagni non ci sarei riuscito.
Che volete sapere, ancora? Bagni nasce in Svizzera, figlio d’immigrati, mamma sarta e papà capocameriere. Parla bene le lingue, si arruola nella polizia italiana intorno a vent’anni. Dopo varie esperienze, entra alla Sezione Omicidi della squadra Mobile di Milano, ne diventa ispettore capo. È il punto di riferimento dei colleghi. Entra nei miei libri sin dall’inizio, sin da Sequestro alla milanese, romanzo non del tutto riuscito ma non del tutto sbagliato. Protagonista del libro è in verità un ex carabiniere cacciato dall’Arma, Corrado Genito. Genito è impegnato in indagini piuttosto spericolate che sfiorano il sistema della tangenti ai partiti (da notare: l’ho scritto nel ’90, Tangentopoli risale al ’92. Doti di preveggenza o buone informazioni? Credete dunque ai maghi?).
Queste tangenti, secondo la trama, vengono impiegate per pagare il riscatto necessario al rilascio del figlio (noioso e comunista) di un politico corrotto (ogni riferimento alla vita italiana è casuale). Dopo la sua breve apparizione, Bagni torna - e non è un caso - in Kriminalbar, dove soccorre sempre il solito Genito (altro mio seriale, ma in questo periodo in galera e non può parlare). Lo aiuta arrivando, al momento opportuno, su un viale del quartiere Gratosoglio, dov’è implicato in una storiaccia molto rischiosa.
Ora, se non ho capito male, c’è da ragionare su come e perché Bagni cresca (dentro di me) sino a diventare un quarantenne (più giovane, dunque, dell’autore, questo povero autore di medio insuccesso nonostante l’età che avanza). E come mai questo detective non si sia mai sposato (al contrario di me). Politica? Scarsa, si sa appena che vota a destra (beh, come molti poliziotti) e, nonostante non abbia difficoltà a "incontrare", aspetta e spera il grande amore: magari non puro, ma vero. Nel frattempo, tra un’intrusione in un covo di balordi e un pedinamento, ha spezzato con tranquillità un paio di cuori e cerca di proteggere il suo dalle fregature (deve averne prese). Ma vuole davvero amare ed essere amato?
Per tutte queste domande, però, preferiscono avvalermi della facoltà di non rispondere. Posso solo aggiungere che un pezzo di verità di Bagni si trova nell’opera teatrale che lo vede protagonista: Qui città di M., con la regia di Serena Sinigallia e con Arianna Scommegna, attrice che interpreta sette personaggi, compreso l’ispettore. C’è in scena una sua collega che racconta come, quando stai troppo in mezzo alle strade di una città, nasce una fusione: un po’ della città entra in te, e un po’ di te si mescola alla città. Questa fusione, che è il contrario della confusione, forse è successa tra me (autore) e Milano (luogo reale e metaforico, che sta per ogni città: infatti per me o il giallo contemporaneo è metropolitano o non è, con buona pace di tutti gli scrittori campagnoli).
Bagni, dunque, dice del luogo dove sta quello che direi io, mentre la sua vita lo porta a fare scelte oggettivamente diverse dalle mie. Sono quelle che avrei voluto fare io? Non credo, almeno a un livello conscio. Ah, dimenticavo. Bagni è considerato dai colleghi molto intelligente e lo dimostra con le indagini, che nascono terra terra: anche il lettore più estraneo alla polizia può comprendere i meccanismi delle inchieste, o imparare come decifrare gli indizi, o intuire come svolgere un buon interrogatorio. E l’autore di fronte a un simile essere di carta e sangue, di inchiostro e lacrime, non può fare altro che osservare e tifare per lui. A proposito, ho sentito dire che un proiettile che lo riguarda molto da vicino sta mettendo in fibrillazione i colleghi della Omicidi: e più d’una ragazza comincia a fare domande... Quindi tanto stronzo mi sa che non dev’essere. E questa è la vera ragione che l’ha reso il mio seriale preferito.
Grande Cola! E bello l'equivoco fra il noto centrocampista, ora mediocre commentatore tivù, e il delinquente seriale
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