venerdì 12 marzo 2010

Dominique Manotti, Il corpo nero

Villa Borromeo d'Adda, Arcore (Mi)

Il titolo è uno dei più belli di questi ultimi mesi, forse perché il corpo è un concetto molto presente in questo momento. Il corpo nero è l'ultimo romanzo pubblicato in Italia di Dominique Manotti (Marco Tropea, 286 pagg, 16.50 euro), anche se l'immagine intrigante evocata dal titolo, si scopre presto che è metafora delle SS naziste. La Manotti, oltre che una persona che vale davvero la pena di conoscere, è una vera scrittrice, intellettuale dalle profonde capacità di documentazione e riflessione sui temi che decide di affrontare. Questa volta è uno spaccato storico della Francia del 1944, tema che soddisfa la sua formazione di storica, ma che le permette di non abbandonare la capacità di raccontare da dentro certi status sociali, certi comportamenti e atteggiamenti ricorrenti di chi gestisce il potere. I ruoli delle donne, le carriere facili e sempre strumentali ad altro. Il compromesso irrinunciabile. La Manotti ritrae tutto questo nel momento in cui, il 6 giugno 1944, lo sbarco in Normandia sta per mettere fine a quattro anni di occupazione nazista a Parigi, ma la Gestapo ancora spera di portare a termine una delle sue missioni più delicate.

Perché hai voluto affrontare il noir storico, e in particolare questo periodo?
Questo non è esattamente un noir storico, nel senso che innanzi tutto io cerco sempre di parlare della mia generazione, della storia della mia generazione. In quegli anni ero troppo giovane per avere un ricordo diretto della guerra e dell'occupazione ma durante tutta la mia infanzia, ho sperimentato il silenzio che incombe su questo periodo, come molti francesi, credo. Così sono voluta risalire all'origine di questo silenzio, capire di cosa si nascondeva nel profondo dell'inconscio francese. Per quanto riguarda la scelta del luogo, doveva essere Parigi, perché è la mia città, ma soprattutto perché Parigi è stata il luogo principale del collaborazionismo, la capitale del German Day durante la guerra. Quanto alla scelta del periodo ho voluto che fosse questo perché il tempo trascorso tra lo sbarco alleato in Normandia e la liberazione di Parigi, è molto breve: è un momento di crisi, di scelta, dove tutto si lega e si divide. Erano i ritmi giusti per il noir, che è il romanzo della crisi, dei tempi brevi e concitati, non il romanzo dei tempi lunghi e delle situazioni immobili.

Dove hai trovato gli spunti per il personaggio di Dora?
Amo molto la figura di Dora. Non ha alcun modello, ma piuttosto è originata da un'emozione e da una storia vera. Un'attrice francese, una delle più belle e famose del periodo pre-bellico, Mireille Ballin, si  innamorò di un ufficiale della Wehrmacht tedesca. Durante l'occupazione, lei lavorava molto per la Continentale, la società cinematografica tedesca, e le si vedeva ovunque in compagnia di ufficiali tedeschi. Lui disertò e i due si nascosero in Francia per vivere la loro passione. Al momento della Liberazione, una banda di "justiciers" uccise l'ufficiale davanti agli occhi di Mireille. Lei venne rasata e fatta sfilare per le strade, e finì per impazzire. Penso che questa storia sia abbastanza emblematica. Ho voluto creare un personaggio femminile in cui si ritrovassero le ambiguità, gli orrori, le emozioni e la compassione di questo periodo. Ma la storia di Dora, la protagonista del romanzo, è molto più ambigua di quella di Mireille. Lascio una grande possibilità di interpretazione al lettore.

“Per amare bisogna essere vivi” è una delle frasi più importanti del romanzo: quanto cambiano i sentimenti in momenti di difficoltà?
Non credo che vi sia alcuna regola. I grandi innamorati, così come le figure di madri "sublimi" sono pronti a sacrificarsi, a prescindere dalle circostanze. Molti ritengono naturale il sacrificio femminile. Nel mostrare abnegazione, la donna diventa sublime. A me invece interessano personaggi femminili che non si sacrificano, che tentano di esistere, anche in circostanze molto difficili. Penso che questa sia la chiave dei miei personaggi femminili.

1 commento:

  1. E speriamo che siano anche i personaggi della vita che scegliamo di vivere...

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