sabato 30 agosto 2008

Spiaggia

Guardare il mondo da una prospettiva orizzontale: tecnica da applicare periodicamente per riconciliarsi con se stessi, con quello che ci circonda, con tutto. Cambiare punto di vista e percezione, sdraiati su un lettino, sulla sabbia, su uno scoglio. Apprezzare il ruolo terapeutico della spiaggia come valore in sé, senza pregiudizi di latitudine, status, estetica, colonizzazione turistica.
Viverla andando al di là della condizione di affollamento, sviluppando la capacità di isolarsi al solo contatto con la sabbia. Lasciarsi invadere dal nulla fissando un punto di blu. Pensare (ma anche non pensare) davanti a un orizzonte immobile. Leggere leggere leggere... e ogni tanto far scivolare lo sguardo verso l'acqua.
Ma soprattutto rimanere paralleli al suolo in uno stato di abbandono.

La condizione non si raggiunge spontaneamente, occorrono un periodo di esercizio e un po' di applicazione mentale, all'inizio. Ma poi funziona ed è per sempre.

Sull'ultima spiaggia mi hanno tenuto compagnia (in ordine di apparizione):
Leonardo Gori, Musica nera
Giampaolo Simi, Rosa elettrica
Alfredo Colitto, Duri di cuore
Giuseppe Vottari, La carne della tela
Valentina Gebbia, Palermo Borgo Vecchio
Angeles Mastretta, Mariti
Girolamo De Michele, La visione del cieco

Generi di conforto: Ichnusa, la birra sarda, da sorseggiare a fine giornata.

La musica direi questa, ma anche questa


sabato 23 agosto 2008

Colaprico, L'uomo cannone

L'ispettore Bagni si trova tra i rifiuti, quelli che valgono oro. I materiali speciali per i quali al mondo non c'è più posto, che dai canali legali di smaltimento passano solo a condizione di tempi lunghi e costi astronomici, e che alimentano un illecito dove un container gettato al largo nell'oceano, vale più della vita di molti uomini. Sono le "ecomafie" che passano attraverso l'immondizia, il traffico illecito di animali, il lavoro nero, gli incendi boschivi, l'abusivismo edilizio, i grandi ecocrimini, tutti temi protagonisti della collana di noir Verdenero. In L'uomo cannone di Piero Colaprico, (Edizioni Ambiente, pagg. 168, 10 euro) compaiono carichi di mercurio seppelliti nei campi attorno a Milano, che quando riaffiorano uccidono uomini e animali. C'è un asse dei traffici Italia-Africa difeso con le mitragliatrici. Ci sono due fratelli antitetici nella loro assenza di morale che li rende speculari e identici, cancellando le distinzioni che possono giustificare il buon fine di un'azione. C'è un ispettore Bagni che - rispetto a come lo si era conosciuto in "Trilogia della città di M." e "La donna del campione" - sembra essersi immerso in una improvvisa voglia di buonismo e di correttezza ad ogni costo. 
E' lo stesso Bagni il cui nome si incrocia appena nella storia di Joan Lovinescu, che si racconta (che Colaprico racconta, mettendogli alle costole un poliziotto) in Manuale di sopravvivenza per immigrati clandestini (Rizzoli, pagg. 176, 14 euro). Tra pedinamenti, report e pensieri sparsi, si incrociano due storie di vita. Da un lato la giornata di lavoro milanese di un rumeno senza dimora regolare. Lavoro, soldi, affetti di un uomo che si ostina a volersi guadagnare di che vivere anche facendo il giro dei posti di accattonaggio, che lesina il centesimo per poter fare una telefonata, che vive nella barachina su cui incombono gli sgomberi, e non sa di essere osservato in ogni minuto del suo sopravvivere. Dall'altro uno sbirro la cui vita sta franando. Moglie, amante, lavoro, nulla più da salvare, se non un po' di saggezza di quando, senza accorgersene, ha assaporato qualcosa da tenere con sé: "... nella vita si soffre solo per amore, il resto sono preoccupazioni". 

La colonna sonora di questo post è qui. La giusta gradazione di nero. 

venerdì 22 agosto 2008

Caos

A volte serve. Quando è solo una fase nella quale si inciampa, aiuta a spazzare via quello che all'improvviso appare superfluo senza dover affrontare, senza scegliere, senza ripulire. Produce stratificazione, sia mentale che di ciò che ci circonda, e poi chiarezza. Succede con le cose che nel disordine rimangono nascoste a lungo e che non puoi usare, o che addirittura non sapevi più di avere. Nel caos (concetto più mentale), o nel disordine (concetto più fisico, da toccare con mano) capisci di cosa puoi fare a meno. Vale per oggetti, persone, abitudini. Nel sacco dell'immondizia può finire tutto senza sentirne più la mancanza, ma prima ci deve essere l'invasione del disordine.
Questa è la considerazione spicciola, ma il caos è una cosa seria, che ci governa sempre e da sempre.
E' il buio primordiale, l'assenza di tutto che nella cultura greca ha preceduto la creazione del cosmo. In una litografia del 1950, dal titolo Ordine e caos, Escher contrappone nella natura del cosmo elementi illimitati (che nella teoria pitagorica corrispondono all'ordine e alla perfezione) ed elementi limitati (il male). La stessa corrispondenza varrebbe per impari e pari, uno e molteplice, destra e sinistra, maschio e femmina, quiete e movimento, retto e curvo, bene e male, quadrato e rettangolo, luce e buio.
Il caos è una teoria matematica, che studia le variazioni infinitesimali e l'imprevedibilità che determinano risultati diversi a partire da condizioni identiche: come la fiamma di un fiammifero, che segue evoluzioni sempre differenti. E' un'assenza totale di ordine, per la scienza classica e per definizione letterale. Concetto che si è però evoluto in una condizione retta da leggi non definibili, trasformando così il disordine in complessità, e svincolandolo dal suo valore negativo.
A parte quello "calmo" di Sandro Veronesi, "Caos" è lo spettacolo cult della compagnia milanese di teatro-danza Quelli di Grock: uno sguardo frenetico alla quotidianità, dove tutto si ripete all'infinito, elementare e sempre uguale a se stesso. Kaos è un film del 1986 dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani, tratto da "Novelle per un anno" di Pirandello, cinque episodi tra cui "La giara", forse il più gustoso: eccolo qui, qui, qui e qui, tutto intero. Caos, per concludere, è la contrada di Agrigento in cui nacque Pirandello.

mercoledì 20 agosto 2008

Pintxos


Mi hanno regalato questo libro, portato direttamente dalla Spagna: Los mejores pintxos de Donostia, pubblicato nella collana "Biblioteca de cocina" della casa editrice Ttarttalo di San Sebastian, località che in basco si chiama appunto Donostia. Detto in modo molto banale, è una carrellata di bocconcini da aperitivo che possono trasformarsi in antipasti, ma in realtà sono pintxos, e cioè la vera specialità di San Sebastian. Sono la versione basca delle tapas, che spesso diventa espressione di un livello culinario quasi inarrivabile. A San Sebastian ci sono oltre 150 locali che preparano pintxos, soprattutto nel centro storico, dove un tempo sfilavano i tori. I pintoxs si prendono dal bancone, e alla fine il cameriere conta gli stecchini nei quali erano infilati per sapere quanti ne sono stati mangiati, ma rispetto al resto della Spagna, sono più sofisticati: una sorta di alta cucina in miniatura che può introdurre un pasto o sostituirlo. Per ogni pintxo c'è un vino diverso: il verde e giovane "txacoli" per il foie gras, lo Chardonnay navarro per il pesce, il Ribera de Duero per l'anatra. Il libro raccoglie quasi 200 ricette, dalla più classica - pomodoro verde fritto - a quella più innovativa - foie gras in tempura -, quelle con i gamberi e con il jamon serrano, la pizzetta napoletana e tanto baccalà. Ricette sfiziose e fantasiose come ormai solo la cucina riesce ad essere, in questo caso forte di una tradizione che ha voluto andare oltre il già detto, e sicuramente buone. Nelle immagini si mostrano una più bella dell'altra, protagoniste di fotografie che ormai sono capaci di raccontare il cibo come un'opera d'arte, e di cristallizzare un impegno intellettuale, creativo e manuale di ore, destinato a scomparire nell'attimo di un assaggio. 

Ritmo netto e tempo in tre quarti, la musica è questa: origine fortemente popolare, reinterpretata da Maurice Ravel nel 1928, eccola nella coreografia di Maurice Bejart (prima qui e poi qui), o nella sequenza finale del film Les uns et les autres di Claude Lelouch.


martedì 19 agosto 2008

Uccidere per sport

C'è l'ambizione, soprattutto, ma ci sono anche l'invidia, il rancore e l'odio. La competizione che sfugge all'ipocrisia delle regole. Dodici autori e dodici sport, ma con un denominatore comune: l'assenza di fair play per raggiungere la meta. In questi giorni di giochi olimpici, di cameratismo ostentato, di orgoglio e di enfatizzazione dei migliori risultati, Uccidere per sport (Todaro editore, 219 pagg., 15 euro) è forse la lettura più adatta per cambiare leggermente punto di vista. All'appello non manca quasi nulla: ci sono il nuoto e il tiro con l'arco, l'atletica e la ginnastica artistica, la pallanuoto e il baseball, c'è il gioco di squadra e la gara individuale, e c'è chi gli sport li odia tutti. Il risultato non cambia, c'è sempre qualcuno che non ne esce indenne. Un'antologia curata da Tecla Dozio che riunisce dieci giallisti italiani - Elizabetta Bucciarelli, Luca Crovi, Marcello Fois, Barbara Garlaschelli, Diana Lama, Carlo Oliva, Enrico Solito, Roberto Valentini, Nicoletta Vallorani e Diego Zandel - e due stranieri, Jeffery Deaver e Joe R.Lansdale. Da leggere in un colpo o da centellinare.

Il film da rivedere, per tornare ad atmosfere più soft, non può essere che questo con la sua indimenticabile sequenza di apertura, le musiche di Vangelis e il finale.
Per andare dritti al sodo e seguire i risultati della nazionale olimpica, è sufficiente dare ogni tanto un'occhiata al medagliere.

domenica 17 agosto 2008

Larsson, La ragazza che giocava con il fuoco

Ho impiegato una settimana a terminarlo, ma le ultime duecento pagine bruciano, vanno veloci e senza una sbavatura, senza nulla di superfluo, fino ad finale essenziale e pulito. In 750 pagine di La ragazza che giocava con il fuoco (Marsilio, 19.50 euro), Stieg Larsson non si perde in quasi nulla di rinunciabile, in descrizioni eccessive o in analisi psicologiche dei suoi molteplici personaggi che vadano al di là di quanto veramente necessario. Lo guardavo da qualche settimana senza avere il coraggio di affrontare quelle centinaia di pagine in blocco, nella convinzione che non fosse stato tagliato abbastanza. Invece mi sono dovuta ricredere: la trama è complessa, gli scenari si incrociano, ma non c'è mai disordine nella costruzione di questa seconda parte della Millenium Trilogy, che tuttavia - come ho fatto io - può essere affrontata senza aver letto prima il precedente volume, Uomini che odiano le donne (sempre Marsilio, pagg. 676, 19.50 euro). Il ritmo non parte immediatamente, impiega tutta la parte iniziale a trovare la giusta sintonia con il lettore, fino ai tre omicidi, ma poi non si arresta più. La protagonista, Lisbeth Salander, è un personaggio estremo e sorprendente, indipendente fino all'eccesso, sfuggente e con la durezza di chi si difende da sempre. Bello.

Per il debutto del blog ho scelto questa, che fa parte anche della colonna sonora di The Commitments, film del 1991 di Alan Parker, da vedere.