Succede tutto in quattro giorni. Il tempo di un'autopsia, di un esame tossicologico. Un tempo sufficiente a segnare un'esistenza, a consumare un tradimento. A rendersi conto di essere arrivati al capolinea. Christian Lehmann, medico francese che si divide con la scrittura, in Il seme della colpa (Meridiano Zero, 158 pagg., 13.50 euro) parte da un'accusa di eutanasia che porta in carcere Thierry Salvaing, medico condotto dalla professione onesta. Il grande tema rimane presto sullo sfondo, perché questo scorrevole romanzo racconta altro. Tratteggia lo scontro all'interno della casta dei medici, tema trasversale e mai abbastanza indagato, così come la mercificazione della professione sanitaria. Mostra l'amarezza di un uomo di successo nel dover prendere atto di essere arrivati alla fine di una parentesi. Il tentativo, forse inconsapevole, di cavalcare una buona causa per rilanciare se stessi. La pietà e i suoi limiti. L'ottima traduzione di Giovanni Zucca rispetta l'equilibrio della scrittura, e dei suoi tempi. Le pagine scorrono non tanto alla ricerca di un finale, ma della soluzione dei conflitti dei protagonisti. Il passo dei francesi nel noir si distingue, si alimenta di atmosfere che scivolano sotto la pelle, che non hanno bisogno di essere descritte, ma che sono lì, a disegnare lo sfondo.
Un buon libro, tempo ben speso.
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