mercoledì 25 novembre 2009

Luca Ciarabelli, Il paese dei Pescidoro

I libri di Luca Ciarabelli sono sulla panchina triangolare di Corrado Levi

Dopo poche pagine ti ha già colpito la scrittura. Un racconto fluido in cui i dialoghi sono colti prima di diventare parola, quando ancora sono pensieri nella mente dei protagonisti. Uno stile che ti trascina dentro la storia, che ti avvicina ai personaggi e ti obbliga a prendere il loro ritmo, prima di iniziare ad ascoltare cosa vogliono raccontarti. Luca Ciarabelli ha esordito lo scorso anno con Il bambino che fumava le prugne (Il Maestrale, 230 pagg., 15 euro), con un protagonista, il tenente Bonarroti, nel quale si trova molta parte dei percorsi di vita dello stesso Ciarabelli, umbro di origine trapiantato nel Ravennate. L'omicidio di Asmodeo Baldini, archeologo dilettante trovato ai piedi di una impalcatura nella chiesa di Sant'Apollinare in Classe, obbliga Bonarroti a uscire bruscamente dal suo torpore. Perché Baldini, prima di essere ucciso, stava distruggendo a martellate il mosaico di Teodorico, ma anche perché ad avvelenarlo è stato uno strano miscuglio tossico estratto dalle prugne. Pochi giorni fa è uscito il secondo romanzo di Ciarabelli, Il paese dei Pescidoro (Il Maestrale, 190 pagg., 16 euro): lo stile si ripropone, ma il contesto cambia radicalmente, così come il genere. Villatiferno, paese immaginario del Centro Italia, è chiuso nella ripetitività delle sue origini e tradizioni: solo Cornelio Persico, tornato dal Sudamerica con un figlio a carico, saprà portare momenti di assurdità e stravaganza, con il suo desiderio di realizzare la trasposizione drammatica di Via col vento. Basta questo per renderlo un soggetto da temere, un potenziale destabilizzatore silenzioso, da internare in un "albergo" che di fatto è un manicomio. Con questi toni da avventura, Ciarabelli racconta una storia di libertà e autodeterminazione.

Sei partito con un romanzo che poteva quasi definirsi un giallo, ma ora hai cambiato scenario. Il genere quindi per te non è una scelta, ma una conseguenza?
Assolutamente sì: ho sempre creduto che uno scrittore possa scrivere di tutto purchè ne scriva bene.

La tua scrittura è molto particolare, con una ricercatezza di suoni e uno stile per il quale non saprei trovare paragoni. Tu saresti in grado di citarmi qualche tuo punto di riferimento? E da quale commistione nasce questo ritmo?
Il primo su tutti è Gabriel Garcia Marquez, inarrivabile. Poi potrei citarti Paul Auster. Ecco, ciò che cerco di fare è coniugare il mio amore per l'aggettivazione, che mi viene da Marquez, con la scorrevolezza di un elegante e poetico cantastorie come Auster. Il risultato è che mi allontano da entrambi, e va bene, poichè spero possa restare soltanto Ciarabelli.

Da dove arriva l’idea di Villatiferno?
E' la trasposizione immaginaria del paesino dove son nato, Città di Castello, in provincia di Perugia, luogo natio di Monica Bellucci e del grande artista concettuale Burri. A parte ciò, un luogo delizioso da vedere e terribile da vivere. Palcoscenico ideale per la mia storia.

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