lunedì 14 dicembre 2009

Meglio sardi che noir

Bel titolo, decisamente. Purtroppo non è una mia creazione, ma la tavola rotonda organizzata al Courmayeur Noir in Festival per fare il punto sul successo della narrativa sarda, sui suoi temi di fondo e su ciò che fa la differenza. Un'isola ad "alta densità di scrittori", se è vero che il rapporto è di uno ogni settemila abitanti. Ospiti dell'incontro: Michela Murgia, Giorgio Todde, Giulio Angioni, Wilson Saba, Giovanni Maria Bellu. Coordinatore: Marcello Fois (il suo ultimo libro è Stirpe, Einaudi). Partiamo da lui e dalla sua introduzione: "La scrittura sarda è scrittura internazionale? Ed è noir? La risposta ad entrambe le domande è tendenzialmente sì. È internazionale nel momento in cui non subisce il complesso del figlio minore che deve sempre giustificare le sue azioni. E' noir in quanto scrittura di inquietudine. Ma il noir è una categoria ampia, tanto che il suo senso sta anche nella sua trasgressione. La situazione odierna dell'editoria sarda mi pare florida, con un denominatore comune nell'uso insolito e creativo della lingua. Ci sono però due problemi principali: da un lato il folclorismo del volerla cacciare dentro una dimensione locale, dall'altro il provincialismo inteso come quell'aspetto esterofilo che deriva dal vergognarsi delle proprie origini. Altra questione è il rapporto con il luogo comune: una sorta di maledizione, un angelo che ti si siede accanto quando ti metti davanti al computer, ma che determina la qualità di uno scrittore. Per esempio la figura dell'accabadora è uno dei tre o quattro luoghi comuni della Sardegna, e avventurarsi in queste fauci, come ha fatto Michela Murgia, non è cosa da poco. Essere sardi non basta, bisogna saperlo essere".

Michela Murgia (il suo ultimo libro è Accabadora, Einaudi): "L'ironia perfida degli scrittori sardi, assieme allo spirito dell'isola, crea il collegamento con il noir. Non mi riconosco nel genere, ma noi sardi siamo noir non tanto come letteratura, quanto nella prospettiva, nel modo di essere sardi al mondo. Il senso del destino o della minaccia sono un luogo di espressione della nostra cattiva coscienza: se gli scrittori noir esprimono questa cattiva coscienza, allora io sono noir. Lo vediamo nella gestione del senso di colpa, in un qualcosa da farsi perdonare: per esempio il concetto della "penitenza di morte", per il quale se qualcuno impiega molto al momento del trapasso, è perché nella vita ha fatto qualcosa che deve espiare. Non sai cosa sta espiando, la famiglia gli è vicina e non lo sa: è come se ci fosse un colpevole, ma non un delitto. Ma non occorre arrivare all'azione: la cattiva coscienza sta già nel desiderio, nel tramare".

Giorgio Todde (il suo ultimo libro è Dieci gocce, Frassinelli): "Mi si è inaridita la vena su questo tema: essere sardo per me non ha mai costituito un'aggravante. La Sardegna è un'isola, e come tale è metaforica e simbolica. Il nostro corredo genetico viene studiato in tutto il mondo, perché è puro, soprattutto di chi proviene dal centro dell'isola. Quindi, se la genetica determina la forma del nostro volto, il ragionamento deve partire anche da questo aspetto, e dalle caratteristiche che comporta essere un popolo appartato".

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