venerdì 9 aprile 2010

Cosa ti porti dietro se sai di non tornare più?


Un attimo liberatorio. Quello cercato e inseguito da tutta la vita, la decisione che non si sperava di riuscire a prendere, la consapevolezza che matura poco alla volta. Andarsene e non tornare più indietro. La sola decisione fa sentire più leggeri, e allora deve esserlo anche il bagaglio, il retaggio mentale che ci segue. Ma di cosa davvero non si può fare a meno?  Anzi, passo indietro: per quale motivo si sceglie di ricominciare da capo, lontano da casa? Roberto Di Marco, psicologo e criminologo, in Cosa ti porti dietro se sai di non tornare più? (Fbe edizioni, 318 pagg., 13 euro) ha raccolto quindici testimonianze di persone normali che hanno fatto scelte coraggiose. C'è chi è fuggito, chi è andato alla ricerca di qualcosa che lo arricchisse, chi aveva bisogno di allontanarsi da una realtà in cui non si riconosceva più. Le mete sono davvero distanti, non solo misurate sui chilometri ma anche per cultura, per standard di vita, persino per l'alimentazione a cui si si deve abituare. Eppure queste quindici persone raccontano un'impresa riuscita. E anche il bagaglio dal quale non si sono riusciti a separare. Noi saremmo in grado? Un test alla fine del libro ci può dare una prima risposta.   

Qual è il denominatore comune di chi sceglie di tagliare i ponti con tutto e rifarsi una vita? 
Nelle storie del libro tutti i personaggi, di fronte a un cambiamento di vita totale, scoprono lati nuovi della propria personalità che loro stessi ignoravano o non avevano preso in considerazione. Ad esempio l'impiegato che diventa pilota di idrovolante. Nel proprio paese si vivono ruoli più o meno abitudinari e standardizzati sia in famiglia che nel lavoro. Cambiando radicalmente le situazioni di vita, emergono comportamenti diversi, aspetti latenti, a volte addirittura opposti e in contraddizione con il tipo di vita precedente, come, per esempio, nei racconti dell'Indonesia, del Giappone, delle Filippine, della Cambogia, dell'Etiopia, della Siberia, del Laos e dello Yemen. Esiste comunque in ognuno un grado diverso di disponibilità e adattamento. C'è anche chi, costretto a vivere all'estero, si ricostruisce la propria patria e frequenta tutti i giorni gli stessi luoghi dove incontra solo connazionali. Comunque il desiderio di uscire da una realtà ristretta, lo spirito di avventura, la capacità di affrontare condizioni di vita diverse, sono un comune denominatore di chi sceglie di tagliare i ponti con tutto.

Quando si affronta la lontananza, c’è un rischio che in genere non viene calcolato, e con il quale ci si trova a dover fare i conti?
C'è il rischio di voler fare il passo più lungo della gamba, esaltando solo ciò che è diverso, senza filtrarlo secondo le proprie capacità di adattamento. Il bagaglio culturale che ognuno si porta dietro rappresenta anche la propria individualità e identità.

Esiste un “bagaglio” al quale nessuno rinuncia?
Sicuramente i legami affettivi quando sono profondi restano. Sono quelli che a volte spingono a tornare o a non partire.

6 commenti:

  1. Risposte interessanti a domande indovinatissime. Questo blogghetto continua a interessare come soltanto altri 2 o 4 nella spentissima bloggherìa italiana

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  2. Grazie reverendissimo. Le sai che i suoi apprezzamenti sono quantomai apprezzati...

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  3. Sogno spesso di andarmene via, di tagliare i ponti con tutto e tutti, di ricominciare da capo lontano, lontanissimo. Ma poi mi manca il coraggio, quello di lasciare le persone amate, quello di mettermi alle spalle 40 anni di vita...
    Ciao, Paola.
    Annalisa

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  4. Sogno spesso di andarmene via, di tagliare i ponti con tutto e tutti, di ricominciare da capo in un posto molto molto lontano. Ma poi mi manca il coraggio. Quello di allontanarmi dalle persone amate, da tutto il mio mondo conosciuto...ma quando la vita si fa difficile, quando mi sembra di soffocare, allora con la mente prendo un aereo, e vado via.
    Ciao, Paola.
    Annalisa

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  5. ehm...è successo qualcosa,è saltata la connessione, mi ha cancellato il commento, l'ho riscritto un po' diverso e alla fine me li ha postati entrambi...scusa, Paola, non voglio intasarti il blog!
    Annalisa

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