Barzanò (Lc), tomba di Luciano Manara (1825-1849)
Parla di "strano connubio tra Dittatura e Ignoranza" e vale la pena di rifletterci. Giancarlo Majorino, poeta milanese classe 1928, tra i fondatori della Casa della Poesia e docente di Estetica all'Accademia di Belle Arti, in un breve ma profondo testo pubblicato da Marco Tropea, individua i punti nevralgici di una strategia al ribasso di gestione della consapevolezza collettiva. Anzi, per essere precisi, di annientamento del bisogno di una consapevolezza individuale, che va a beneficio della maggiore gestibilità di una società omologata in tutto. Il libro si intitola La dittatura dell'ignoranza (83 pagg., 10 euro) e parla di televisione, di arte, di grande letteratura e di impoverimento della lingua e di moltissimo altro. Sono brevi capitoli da cui escono con forza osservazioni acute, capaci di creare una visione organica di ciò che sta accadendo alle nostre ambizioni intellettuali. Linguaggio non facile il suo, privo o quasi di punteggiatura, che spesso comunica attraverso suggestioni, ma carico dell'incisività di cui è capace chi ha osservato a lungo, e ha saputo isolare l'essenza del mondo e delle cose. Tutto è riconducibile a questo indirizzo globale, dove l'ignoranza - anche considerata nel suo senso più strettamente etimologico - si sta imponendo come un regime silenzioso, condizione di fondo per garantire altre forme di dominio. Gli strumenti variano e non sono relegati alla sola sfera intellettuale: la precarietà, osserva Majorino, sta "trasformando la vita di ciascuno in vitetta". E' uno dei grossi meccanismi di assuefazione: "respiriamo e sbatacchiamo nella precarietà, chi a livello di lotta quotidiana, chi addirittura a livello di sopravvivenza". Ed è da questo connubio tra dittatura e ignoranza che deriva "la naturalezza della natura artificiale, ormai più vera del vero" con i suoi "condizionamenti, semidivertimenti e specchi di ogni formato". Il non adeguamento è difficile, forse impossibile, perché tutto ci permea e governa anche le nostre migliori intenzioni. Occorre spostarsi, dice Majorino: "muoversi su un terreno non previsto, liberamente e autonomamente generando, eventualmente anche ironizzando, qualcosa di impreveduto, qualcosa che disorienti".
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