Da ieri allo Spazio Libri Laboratorio La cornice di Cantù - luogo da conoscere e frequentare - otto artisti taiwanesi, o che hanno legato la loro vita a Taiwan, espongono una selezione delle loro opere. La mostra, originale e inedita, rimarrà allestita fino al 23 aprile, e propone i lavori di Chen Minghuei, Chu Yaouhong (Beni, per chi la conosce), Hsu Kueiling, Kun, Tsui Yungyen, Lin Chin-An, oltre a quelli di Stefano Misesti - Chu Mijie (autore delle foto di questo post) e Paolo Rui - Lu Paole: entrambi italiani, hanno scelto Taiwan come luogo per passare una parte importante della loro vita. Quasi tutti gli artisti hanno uno stile molto grafico, con una forte impronta da illustratori, che per alcuni costituisce la professione principale. Insieme creano un effetto divertente e leggero. Qui altre foto e le bio degli artisti.
domenica 20 marzo 2011
venerdì 25 febbraio 2011
Rosa Mogliasso, L'amore si nutre di amore
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Opera di Miss Goffetown, Il flusso del cuore |
Viene uccisa di notte a Montecarlo. Ha perso i suoi sandali costosissimi, viene ripescata dal mare dopo ore, ma nei polmoni ha acqua dolce. Attorno a lei non ha amici, ma conta così poco da non avere nemmeno veri nemici. Perché è tanto ricca quanto sciocca. Ex hostess e ora moglie - ovviamente insoddisfatta - di un banchiere, diventa il caso di cui si deve occupare Barbara Gillo, commissario della Questura di Torino, in L'amore si nutre di amore (Salani, 272 pagg, 14 euro). Attorno a questo delitto ruotano altre storie che finiranno per sfiorarsi, personaggi che nella vita si arrangiano e rincorrono il denaro facile, denominatore comune e fonte di sarcasmo dei libri di Rosa Mogliasso. Dalla Costa Azzurra l'indagine arriva a Torino, dove la Gillo è già occupata su altri fronti: la scomparsa di un ragazzo bello e promettente, ma anche la scomparsa dalla sua vita di Massimo Zuccalà, il collega al quale aveva ceduto nel precedente romanzo, L'assassino qualcosa lascia. Lui più che scomparso, è parcheggiato in Sicilia ad allenarsi in tradimenti con giovani studentesse. Attorno, la Gillo Barbara, ha l'erudito e sagace vice Peruzzi, una sorella dalle eccessive premure, qualche corteggiatore che meglio perderlo. L'indagine si popola invece di una prostituta truffatrice di alto livello, capace di sparire al momento giusto. Di un marinaio molto bello e altrettanto arrivista. Di una popolazione inutile in qualsiasi luogo e situazione, capace solo di fare da contorno anche davanti a un delitto.
Chi è Barbara Gillo?
E' una compilation di handicap: troppo bella, troppo intelligente, troppo sola (le belle intelligenti, spesso, non vanno con nessuno perché innervosiscono, dico nell'Assassino...). In più è armata! Insomma la ragazza ha il suo bel daffare a trovare un fidanzato e contestualmente a difendere Torino dal crimine. Non la invidio. E tu?
Perché attorno ai tuoi delitti girano sempre molti soldi?
Perché i soldi sono sinonimo di potere.
E poi, in circolazione, ci sono tante material girls e tanti material boys che non sanno costruire ponti strallati.
Chi ha bisogno di uccidere?
Solo gli stupidi uccidono per risolvere i propri guai. Filippa, la prostituta truffatrice, che non è stupida, non ucciderebbe mai. L'omicidio complica, non risolve, e questo è un bene per gli scrittori, ci aiuta a tessere trame.
sabato 1 gennaio 2011
Le luci nelle case degli altri
Una grande passione per gli esseri umani, che coniuga due anime: la scrittura e la radio. Chiara Gamberale, dopo La zona cieca, dove aveva raccontato la difficoltà di lasciarsi, torna a parlare di coppie, dei modi - mai facili - di pensare la famiglia e di farla sopravvivere. Sono diverse e difficilmente conciliabili le famiglie che popolano il condominio di via Grotta Perfetta 315 a Roma, a volte non si riesce nemmeno a pensarle come tali, eppure Mandorla, la protagonista di Le luci nelle case degli altri (Mondadori, 392 pagg., 20 euro) le vive tutte per cercare il suo luogo. La storia parte da un paradosso, la morte della madre della piccola Mandorla, che lascia una lettera in cui annuncia che il padre della bimba vive in quel palazzo di cui era amministratrice. Basta una riunione condominiale per chiarire che nessuno ha voglia di dare una risposta certa a quella domanda che scatena un giallo emotivo, e così è l'intero condominio ad adottare la piccola. "Viviamo tutti all'oscuro di qualcosa che ci riguarda - dice la Gamberale, riprendendo un passaggio che è il nodo fondamentale di questo libro e dei temi che affronta -. All'inizio fa un po' paura pensarci, poi sempre meno".
Che libro è Le luci nelle case degli altri?
E' un libro sulla famiglia, ma ancora prima sulla capacità di accudimento che tutti noi portiamo dentro. E' anche un libro in cui, attraverso la figura di Mandorla alla ricerca della sua identità, cerco di ragionare sulla volontà di capire chi sono le persone che ci circondano, e chi siamo noi. Lo faccio attraverso cinque modelli di famiglia, uno per ogni piano. Al primo la donna rimasta sola, al secondo la famiglia post-patriarcale, dove la moglie è molto forte. C'è poi la coppia di omosessuali che mette il matrimonio e la paternità al centro, perché sono cose che non possono avere. Al quarto piano riprendo i due protagonisti del precedente romanzo, La zona cieca, che sono due figure molto autoreferenziali, per concludere con la famiglia perfetta, il nucleo stabile del quinto piano, dove all'apparenza tutto funziona come deve.
Qual è l'aspetto toccato in questo libro a cui sei più legata?
Sono diversi. Mi piacciono i lati meno nobili dell'esistenza, e in questo romanzo sono stata più comprensiva con i difetti dei protagonisti. C'è poi il grande tema di fondo, capire chi sono le persone che abbiamo accanto, e la difficoltà di ammettere che possono avere un ruolo diverso da quello per cui le conosciamo. Mi piace anche pensare che si riesca ad uscire dai condizionamenti della nostra infanzia, che ci sia una parte di vita che è solo nostra.
E' un tema risolto?
In questo libro ho risposto a cose sulle quali sto ancora riflettendo, e ho voglia di stare ancora un po' con loro. E' ancora presto per separarmene e pensare a un altro romanzo. Non so quale sarà il tema di cui avrò voglia di parlare. Del resto la scrittura ti mette in una piccola condizione di estasi, puoi lasciarti andare senza farti male: anche se penso qualcosa prima, poi mi fido di quelle che succede quando mi metto davanti al pc.
mercoledì 22 dicembre 2010
Passeggeri
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Fotografie di Annalisa Sonzogni |
L'essenzialità si replica infinite volte, in un gioco modulare e di rimandi che non ci si stanca di scoprire. Basta anche solo un passo per cambiare la prospettiva, ribaltare un'architettura, trovarsi davanti alla cupola del Duomo, come se all'improvviso fosse calata al centro di Palazzo Terragni. Annalisa Sonzogni, con la mostra Passeggeri, è la prima artista ad aver conquistato gli spazi del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Como, grazie a un lavoro fotografico che parte dall'architettura essenziale e modulare della Ex Casa del Fascio, palazzo progettato dal razionalista Giuseppe Terragni negli anni Trenta.
Undici fotografie di grande formato - 200x160 cm, montate su pannelli mobili - si alternano a superfici a specchio, creando un gioco di false profondità e di movimenti fuori campo, come quelli dei militari che attraversano l'atrio o percorrono i ballatoi del palazzo, entrando a intermittenza far parte dell'installazione. Il grigio delle divise si armonizza con le sfumature dei vetri, delle pareti, di un insieme virato al neutro assoluto. Così la geometria immobile e autorevole dell'edificio, si presta a giochi che la stravolgono, come la fotografia che ritrae il Duomo dall'interno del palazzo, e lo avvicina a chi guarda grazie al millimetrico gioco di specchi.
Anche il vetrocemento, all'interno delle fotografie diventa un modulo infinito, che crea movimento rispetto al rigore delle pareti progettate da Terragni. Soprattutto le fotografie ritraggono sorci dei piani superiori o delle terrazze, spazi che ormai da anni non sono aperti al pubblico e che si intuiscono, parzialmente, solo con l'osservazione esterna dell'edificio.
Il risultato è divertente e curioso, pur in linea con il rigore di uno dei palazzi più interessanti e attuali dell'architettura comasca. Nata come mostra temporanea a inizio dicembre, la mostra - curata da Christian Galli con la consulenza di Giovanni De Francesco - è diventata ora una installazione permanente, affacciata su Piazza del Popolo.
mercoledì 8 dicembre 2010
Abitare con i libri
Quando ho visto il titolo, era matematico che lo avrei comprato. Perché nonostante i processi di epurazione e alleggerimento degli scaffali, di questa maniacalità non mi libero. Abitare con i libri di Leslie Geddes-Brown (Mondadori, 158 pagg., 29 euro) è un volume fotografico, ma anche un po' voyerista. Già, perché una parte del suo senso (o forse del mio, quello che mi ha spinto a comprarlo) è sbirciare nelle case degli altri e vedere come tengono i libri. Innanzi tutto quanti ne hanno, e poi come li hanno sparpagliati in giro per le stanze in cui vivono, dormono, lavorano, invitano gente. Osservare se sono essenziali o ridondanti, se preferiscono il design o l'utilità. Se vogliono essere originali ad ogni costo. Da questo punto di vista, Abitare con i libri regala una discreta soddisfazione, anche se gli interni sono selezionati e curati, tutto in ordine e ogni dettaglio pensato. Del resto questa mia soddisfazione nello sbirciare è niente se si pensa che trovo normale fermarmi davanti alle vetrine delle agenzie immobiliari per guardare le foto degli interni delle abitazioni in vendita, e poi immaginarmi la gente che vive lì dentro, che si siede sui divani di quel colore, o a cui piacciono i quadretti boschivi appesi al muro. Quasi ogni volta mi tocca prendere atto che non c'è nemmeno una mensolina libraria. Zero.
Ecco perché l'altro aspetto che trovo bello di questo libro, è vedere che da qualche parte c'è un buon numero di persone che in casa accumula tonnellate di carta, che ha letto molto e che dai libri non si separa, che li considera parte integrante della propria esistenza, che ha concepito lo spazio in cui vive come un luogo in cui devono esserci anche i libri. E' sempre un pensiero che conforta.
Così anch'io ho chiesto agli amici di mandarmi una foto della loro libreria. L'angolo preferito, quello a cui si è più affezionati, il più bello. Sapevo che sarebbero state tutte diverse, che avrei creato un insieme divertente, curioso, che racconta molto di ognuno. Una serie di autoritratti, a loro modo. Questa è una gallery in progress, chi invia uno scatto sarà inserito con grande piacere.
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