domenica 16 maggio 2010

Sebastiano Mondadori, Un anno fa domani


Inizia con un senso di vaghezza, quella di chi vede il mondo attraverso l'annebbiamento dell'alcol, che aiuta l'abbandono, il distacco, il saper essere concilianti con se stessi. Racconta la storia di un uomo la cui contraddizione sta già nel nome, Vittorio Congedo, incapace di lasciarsi le emozioni alle spalle. Racconta anche la storia di un amore, così radicato da non svanire nemmeno con la morte, con il tentativo di ricostruire un'esistenza, seppure disordinata e annientata dall'incapacità di replicare i sentimenti, di credere in chi hai accanto. Con Un anno fa domani (Instar Libri, pagg. 250, 14.50 euro), Sebastiano Mondadori racconta una storia in cui il presente incessante, che non cambia mai i suoi tempi, segna il peso di un'ossessione, dove l'incalzare degli effetti dell'alcol a cui si abbandona il protagonista, cambiano progressivamente la prospettiva dei due giorni in cui si concentra la narrazione.

Chi è Vittorio Congedo?
E' un personaggio inattendibile, che racconta da ubriaco: quando ho trovato il tono giusto per farlo parlare sono partito. Congedo è un uomo che non si rassegna alla perdita della moglie, da cui stava divorziando, e che un anno dopo si trova a fare i conti con l'ossessione per questa donna, anche se nel frattempo si è risposato e ha avuto una figlia. In lui verità e crudezza raggiungono il limite dell'indisponenza. E' molto goffo, e finisce per ispirare compassione, ma viene raccontato senza riserve. Nella sua nefandezza, si scopre l'aspetto umano: è inadeguato, non sa provare i sentimenti giusti. E' la storia di un immaturo: ha idealizzato questa donna, ma con uno sguardo molto impersonale. Infatti, quando viene raccontata da altri sembra un'altra donna.

L'ossessione è una forma d'amore?
Non lo so, anche se mi piace pensarlo. Mi fa piacere quando dicono che questo è un romanzo d'amore, perché lo penso anch'io.

Quanto sono entrate in questo romanzo le vite di chi ti circonda?
Quando uno scrive, gli altri finiscono per raccontargli la loro vita, non si capisce perché... Così, in quello che scrivo metto sempre pezzi delle vite degli altri. In realtà devo a Mario Monicelli la paternità di ogni mio personaggio, che mi ha insegnato ad abbassare lo sguardo sui soggetti che stai raccontando. Poi non si può scrivere se non hai letto, e non sei consapevole di ciò che ti ha preceduto. Scrivere lo considero un lavoro vero, quando sono impegnato metto ordine nella mia vita, mi alzo a orari regolari e non eccedo in niente.


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