sabato 13 febbraio 2010

Maratona del protagonismo

Forever happy, intsallazione di Silvia Levenson

Guardo spesso le foto su Facebook, le gallery pubblicate dagli “amici”, e sono attratta dall’impietosità delle immagini. Le feste casalinghe soprattutto, i ritrovi in gruppo o le cene. Da un lato ci sono le espressioni terribili e stravolte di alcuni volti: gli occhi a mezz’asta, gli sbadigli non trattenuti, le smorfie del ridere più sguaiato. Immagini che se fosse per loro, per i proprietari di quei volti, mai e poi mai acconsentirebbero a pubblicarle, ma fanno buon gioco a questa specie di goliardia mediatica e accettano di mostrarsi a tutta Italia con espressioni che non gli rendono giustizia né intelligenza. Che vanificano lo sforzo di anni del parrucchiere e dell’estetista, gli investimenti in creme e lifting, magari solo per smussare un minimo difetto. E poi basta una foto per precipitare nella mostruosità. Uomini o donne che siano.
Oppure, all'opposto, il bikini buono per ogni occasione, in modo che anche in contesti che nulla hanno a che fare con la tua vita privata, ti possano vedere - e, si spera, ammirare - buttata su una spiaggia con l'abbigliamento ai minimi termini. Oppure esibire i pettorali che persino in palestra rimangono coperti, mentre invece metterli su Facebook in qualche modo giustifica l'investimento e l'impegno.
Quello che però mi colpisce sono soprattutto le case: le stanze che fanno da sfondo, le cucine in disordine, i copridivani improbabili, i quadri da mercatino dell’ultima ora. A quel punto non so più se è peggio mostrare una foto imbarazzante del proprio volto, o la pentola da cui escono gli spaghetti distribuiti in piatti che fanno capolino alla rinfusa. Le festicciole che sullo sfondo lasciano intravedere la cucina in disordine, le macchie di sugo sul fornello, gli armadietti della dispensa aperti su un disordine di pacchi di pasta e scatole di condimenti gettati alla rinfusa. I piatti di plastica e le mani tutte attorno per non farli cadere quando il cibo pesante sta per debordare. E’ l’intimità di uno stile di vita che provoca immediata repulsione, come qualsiasi forma di sporco o qualunque immagine che lo evochi, anche lontanamente. Ho visto cucine di ospedali, di carceri, mense scolastiche, luoghi destinati alla preparazione del cibo collettivo, dove sono al lavoro tante mani: in ognuna di queste avrei mangiato senza problemi. A tante cucine che vedo su Facebook, preferisco il sano digiuno.
Ci sono poi i salotti e soggiorni, gli arredamenti di dubbio gusto, il nazionalpopolare delle case degli italiani, i libri tanti gettati là, e i libri pochi che mettono tristezza. I centrotavola all’uncinetto. I quadri a tema boschivo ottocentesco. I cani e i gatti appollaiati ovunque. Mi chiedo il senso di esporre al giudizio nazionale un gusto personale che, così esibito, diventa sciatteria. Che ci si potrebbe accontentare di tenere per sé e per gli amici più intimi con i quali ci piace condividere in nostri spazi e il nostro senso del bello. Ma soprattutto mi chiedo se questa popolarità ai minimi termini, che nasce da una sorta di obbligo morale al protagonismo, basta a giustificare tutto questo.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono perfettamente d'accordo con te, Paola. Io non condivido foto personali su Fb. Ma non per snobismo, figurati, proprio perchè penso che certi momenti debbano essere condivisi con le persone in carne ed ossa...se i miei amici sono ad una cena con me, a che pro "taggarli" su FB? Non è meglio guardarle insieme, o scambiarsele per mail, magari? E agli altri miei "amici" cosa interessa in fondo del pranzo di battesimo della figlia di amici che sono solo miei? Mah...non so. Posto che ognuno ha il diritto di fare ciò che vuole, in certi casi sì, alcune immagini sono davvero tristone...
Un abbraccio e...hai visto la GRANDISSIMA Liz???
Annalisa

IO TI PERDONO ha detto...

Già, il pudore latita. Anche quello delle parole a vanvera, però:)
Liz

Anonimo ha detto...

Eccolo! Lo aspettavo questo articoletto... :)
Sono ossessionata dagli sfondi. Ammetto di appartenere alla categoria dei facebookiani (si scrive così?) che pubblicano foto di TUTTO, ma:
1) con il tempo ho imparato a non taggare gli amici, ognuno fa da sé
2) di me pubblico quel che voglio, degli altri, dove osceni, evito del tutto o, dove siano quantomeno accettabili, chiedo regolare permesso
3)confido nel libero arbitrio degli amici che ho in elenco e non li costringo a vedere, commentare, alzare il pollice con la forza: possono ignorare le foto che pubblico e non me la prendo con loro il giorno dopo!
4) pongo attenzione maniacale agli sfondi e prego gli amici-amici (doverosa distinzione dagli amici di facebook :)) di dirmi quel che io non vedo e che è decisamente indecente tra le foto che pubblico!

Silvia

SenzaUnaDestinazione ha detto...

Mie care, già sapevo che avreste approvato... ;-)))