domenica 11 aprile 2010

Stefania Nardini, Jean Claude Izzo. Storia di un marsigliese


Scrittore, soprattutto. Ma anche molto altro: giornalista, attivista politico, sceneggiatore cinematografico, organizzatore di eventi culturali e persino autore del testo di una canzone.  Jean Claude Izzo, scomparso nel 2000 a Marsiglia, città dove era nato, è stato un personaggio così sfaccettato da essere quasi sfuggente, difficile da conoscere in tutte le sue pieghe. Stefania Nardini, giornalista e scrittrice, con il saggio a lui dedicato - Jean Claude Izzo. Storia di un marsigliese (Perdisa, pagg. 176, 14 euro) - si infila nella sua vita e cerca di trarne un ritratto inedito, fatto di giornalismo tenace alla ricerca di ciò che più caratterizza il vivere contemporaneo, di spaccati di vita privata e di genesi delle opere più importanti, quella Trilogia Marsigliese radice del noir mediterraneo, con protagonista il poliziotto Fabio Montale, che da sempre è la parte delle sue opere più letta e conosciuta (Casino Totale, Choumo. Il cuore di Marsiglia e Solea). Collocato sullo sfondo di una città che ha tanto da dire, il saggio di Stefania Nardini contiene poesie di Izzo che compaiono per la prima volta in italiano, e altri inediti, come l'inizio del rapporto con la rivista Gulliver, che pubblicò il suo primo racconto diventato poi il romanzo Casino Totale.  

Innanzi tutto, perché questo legame con Izzo? 
E’ una domanda che andrebbe posta a tutti coloro che lo amano. In Izzo ognuno può trovare qualcosa che gli appartiene. Personalmente ne ho apprezzato l’opera perché ho trovato il giornalista, il militante, l’uomo con le sue contraddizioni e una grande libertà. Infatti l’idea di ricostruire il suo percorso nacque anni fa da un sogno. Una sorta di premonizione che mi portò a vivere a Marsiglia.

Qual è l’aspetto della sua vita che ti ha maggiormente colpita e che hai avuto più piacere a raccontare? 
Devo dire che è il personaggio nel suo insieme che mi ha colpita. Non esiste un aspetto di Jean Claude che sia in netta contrapposizione con un altro. Izzo è Marsiglia. La città meticcia. E lui è un rital (immigrato italiano), figlio di un napoletano e di una spagnola. Genitori con una storia che diventa la sua, che diventa la storia di un marsigliese che vive questo suo essere nabo - figlio di napoletano - con grande sensibilità. La stessa che si ritrova nei suoi articoli, nelle sue poesie nei suoi romanzi. Izzo guarda la vita reale. Ci si sporca le mani senza paura. Da cronista di razza che poi diventerà scrittore.

Marsiglia è diventata anche la tua città: questo innamoramento viene prima o dopo il tuo grande interesse per Izzo?
Tutto ciò è legato ad una serie di fatalità e di coincidenze. Avevo letto Izzo. Mi addolorava l’idea che una persona del suo spessore umano, della sua capacità letteraria, se ne fosse andata. Cercai le sue tracce. Contattai Sebastién, suo figlio, andai a Marsiglia. Dovevo restarci due settimane che diventarono circa cinque anni. Del resto non è facile raccontare Marsiglia, e quindi Izzo, senza aver vissuto la città. La mia città. L’unico luogo dove mi sento a casa. Del resto marsigliesi si diventa.


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