sabato 4 aprile 2009

Roberta Schira, Cucinoterapia


E' l'atto creativo del cucinare, viene prima del cibo e del mangiare. Muove emozioni positive o negative, cambia la nostra esistenza, riesce ad avere effetti benefici sui di noi e sulle persone che ci circondano. E' la Cucinoterapia, raccontata nei quindici capitoli dell'ultimo libro di Roberta Schira (Salani, 123 pagg., 11 euro). Ne ha parlato alla Libreria di via Volta a Erba, accompagnata dalle interpretazioni culinarie di Anna Sartori. Critica gastronomica, formazione umanistica a indirizzo psicologico, negli ultimi quindici anni Roberta Schira ha pubblicato una decina di libri, partendo da quello che è diventato un classico dei ricettari fotografici: il volume sulla cucina di Claudio Sadler, Menù per quattro stagioni, che nel 1989 ha inaugurato la ormai celebre collana di Giunti.

"In Cucinoterapia ci sono le mie grandi passioni: la psicologia e la cucina. Come ogni scrittore, mi piace osservare i comportamenti umani, e in particolare il rapporto dell'uomo con il cibo: in questo libro ho messo i miei ultimi quindici anni, partendo da una premessa: che la salute mentale è fondamentale, perché è la base di tutto". Un capitolo dopo l'altro, si cucina per se stessi, per un amante, per sviluppare la competizione e scambiare i ruoli all'interno di una coppia, per guarire e per stare meglio, con i bambini e per i bambini, per gli animali. Si cucina per condividere un progetto, per creare confidenza e accorciare le distanze, per prendersi cura di qualcun altro: pensarlo, dedicargli tempo, scegliere qualcosa che gli piaccia e che gli lasci un ricordo. "Si cucina anche per imparare l'attesa, il senso della lentezza, il rispetto dei tempi, il divenire e la pazienza. E poi per applicare questo insegnamento ad altri momenti della vita".
La cucina è così atto creativo, strategia antidepressiva, gesto di generosità, volontà di mettersi in gioco.

C'è il comfort food, il cibo consolatorio: "E' una connotazione negativa che ho ribaltato: da "sto male e quindi mangio", l'ho trasformata in "sto male e quindi cucino". Il gesto compulsivo diventa così creativo. Anziché aprire il frigo e afferrare qualcosa di già pronto, mettiamo sul fuoco l'acqua per la pasta. Magari finirà in nulla, ma intanto è stato spezzato un meccanismo negativo attraverso un momento di progettualità". Il cibo consolatorio è qualcosa che abbiamo già mangiato, che ci riporta all'infanzia. Mangiamo i nostri ricordi, cerchiamo i gusti che ci hanno fatto stare bene. E' sempre un alimento non costoso, facilmente reperibile, con la variabile dolce o salato.
Pane, olio e sale.
Pane, burro e zucchero.

C'è il piatto dell'ultima cena: è qualcosa di semplice, di appagante i sensi, di identificativo, di casalingo. Assieme a lui il vino, e non è quasi mai qualcosa di troppo complesso, troppo strutturato o ricercato, ma un'ondata di sensazioni immediate.

Nelle motivazioni che spingono verso l'atto del mangiare, la fame è solo al quarto posto. E allora prima cosa c'é? In Cucinoterapia Roberta Schira ha cercato le risposte. Parla di donne per cui il cucinare è un gesto quotidiano, attraverso il quale passa il potere di distribuire il cibo. Parla di uomini per cui un virtuosismo è diventato professionalità, trasformato in brigate di cucina che si comandano come un esercito.

Gli abbinamenti di Roberta Schira nelle ricette di Anna Sartori:
formaggio Stilton (o gorgonzola naturale) e scaglie di cioccolato fondente;
torretta gastronomica di Caterina;
Kundalini (questa è cocktailterapia: la kundalini è il chakra che sta sopra l'osso sacro e controlla gli impulsi vitali).

Il mio cibo consolatorio: cioccolato fondente, un ecuadoregno artigianale puro al 70 per cento.
Il mio piatto dell'ultima cena: un baccalà mantecato che sia un vero baccalà mantecato.
Il mio vino: Pinot Nero altoatesino, o meglio, Südtiroler Blauburgunder. Un combattente.


6 commenti:

elisabettabucciarelli ha detto...

Il mio piatto consolatorio: cioccolato bianco che sia bianco davvero.
Quello dell'ultima cena: un guacamole che sia un vero guacamole.
Il vino invece: una bottiglia di Crystal.

Giorgio Martini ha detto...

il mio cibo consolatorio del momento: cioccolato fondente con nocciole

il piatto dell'ultima cena: cappelletti in brodo

nel bicchiere il lambrusco di mio nonno.

roberta schira ha detto...

Grazie Paola per la bella recensione. Sarebbe piacevole avere sempre tra il pubblico lettori golosi e preparati come e te.
A presto.

Roberta Schira

akio ha detto...

non posso fare l'elenco dei miei cibi consolatori perchè saturerei il blog... ma non ci crederai...da bimbo mia nonna per merenda mi faceva.... pane burro e zucchero! che meraviglia hai tirato fuori dal mio cassetto dei ricordi! grazie paola!!
ps. libro messo in lista acquisti...

calzetteros(s)e ha detto...

tutto bene qui - tornata alla vita normale e così fra il lavoro a tempo pieno, gli studi a tempo pieno e mezzo, essere una madre dedicata e cercare una nuova casa non mi resta molto...
il cibo consolatorio ci vuole sul serio e per me è essenziale il gelato, quello a cocco oppure cioccolato
il vino preferito è il Vigna delle Lepri quando è possibile (cioè solo dopo un viaggio in Italia)
il piatto dell'ultima cena... mmmh...gli spaghetti aglio olio e peperoncino

Anonimo ha detto...

Il mio piatto consolatorio: la torta nera della mia mamma

Il piatto dell'ultima cena: un riso venere con filetti di tonno, erba cipollina e salsa di soia

Il vino: un Lagrein o un Gewurztraminer, ma di quello buono.

....e la merenda pane burro e zucchero, alla faccia delle merendine

lozio