sabato 21 maggio 2011

Elisabetta Bucciarelli, Corpi di scarto


La discarica è diventata il loro mondo. Ragazzi, poco più che adolescenti ma già grandi, lasciati a fare i conti con i limiti da imporsi, e con la differenza tra il dover rinunciare e tutto e il non saper rinunciare a nulla. Iac, Saddam, Argo Zimba e Lira Funesta vivono lì dentro, protetti da un varco di mattoni che sigilla la recinzione, in un finto equilibrio tra sprechi, avanzi, esuberi, vite degli altri che si accatastano e deperiscono. Mappano gli spazi con scioltezza, si ritagliano i loro e sfidano il finto ordine che suddivide materie prime e possibilità di recupero, le montagne di rifiuti come se fossero colline di un parco, la "cosa", termine ultimo di ciò che non può avere altra vita, e che distrugge anziché essere distrutto. Melma non definibile, tossica e mobile, sfuggita al controllo di chi l'ha prodotta e di chi la alimenta. Corpi di scarto di Elisabetta Bucciarelli (Edizioni Ambiente, pagg. 223, 15 euro) è una favola virata al nero, senza indagini né colpevoli da inseguire, perché le colpe, in questa immensa produzione di scarto che degrada e punisce, sono troppo in alto per avere un volto o un nome. Troppo collettive, troppo distanti dalle loro conseguenze. Ci prova Lorenzo a inseguirli i colpevoli, vigile del fuoco che più di altri può capire il significato degli incendi, degli odori e degli strani movimenti che avvengono nel buio. Ci prova ma deve abbandonare. Corpi di scarto è anche una storia di ragazzi, di adolescenti. Iac e Silvia, che intuiscono di piacersi senza riuscire a parlarsi, tenuti troppo distanti da dialoghi che nascono da desideri tronchi. Saddam, fuggito dalla Turchia per arrivare a vivere nell'immondizia, con la dignità di chi è sempre pronto a fare il passo avanti. Argo Zimba, che fugge dal nome che gli hanno imposto i genitori adottivi, e ricicla il mondo mentre rinnova se stesso. Lira Funesta, che cerca l'amicizia, quella che non trova dall'altra parte del muro. Non c'è Maria Dolores Vergani in questo libro, ispettore di polizia che ha tracciato il percorso narrativo di Elisabetta Bucciarelli, fino all'assegnazione del Premio Scerbanenco 2001. Ma qui stiamo raccontando un'altra storia.