Premetto che questa è solo una sintesi, ma molto densa e ricca. Una scelta dei passaggi più significativi di un'ora e mezza di tavola rotonda organizzata durante quest'ultima edizione del
Courmayeur Noir in Festival. Tema iniziale:
Noir al femminile. Partecipanti:
Elisabetta Bucciarelli,
Simona Vinci,
Chiara Tozzi,
Alicia Gimenez-Bartlett,
Liza Marklund,
Sharon Bolton. Questa l'ossatura, ora passiamo ai contenuti, introdotti ottimamente da
Loredana Lipperini, moderatrice di un incontro che sarebbe potuto proseguire per tutto il giorno: "Due dati di partenza. La matrice passionale è al primo posto tra gli omicidi in Italia, e nel novanta per cento dei casi le vittime sono donne, chi uccide è un uomo: marito, padre, fidanzato, fratello, ex compagno. Nelle immagini che scorrono in televisione, la donna è quasi sempre soubrette o protagonista della cronaca nera, quindi velina o cadavere. Iniziamo da qui, chiedendoci come uscire dalla triade di stereotipi femminili individuata da Simone De Beauvoir: brava accuditrice, dark lady o morta".
Bartlett: "Petra Delicado è un personaggio femminile violento, perché volevo dare grande importanza alla donna, renderla protagonista di situazioni positive e negative. Non è mai angelica, nemmeno nelle riflessioni che fa sulla vita".
Bucciarelli: "Ho creato una figura femminile di ispettore di polizia, Maria Dolores Vergani, chiedendomi come sarebbe oggi una donna quarantenne, single, che vive del suo lavoro e che si confronta con i modelli del quotidiano. Come si porrebbe nei confronti della violenza. Tutto questo prende forma nelle donne dei miei libri, perché lo stereotipo parte sempre da un dato reale. La donna oggi si confronta con un'aggressività che le è stata negata per secoli: è importante il recupero delle emozioni e dei sentimenti che sono patrimonio degli uomini e delle donne, ma che a queste ultime sono stati negati, in una incapacità di difendere i propri limiti e i propri spazi".
Bolton: "Affronto l'archetipo vita-morte, attraverso situazioni al limite della mitologia. In realtà con "Sacrificio" non avevo intenzione di scrivere un romanzo sugli stereotipi femminili, sono partita da una leggenda che mi affascinava molto, delle isole Shetland, dove le donne venivano rapite per essere costrette a procreare. Mi sono così trovata ad affrontare la vulnerabilità femminile, che raggiunge il suo massimo durante la gravidanza, e in questo momento così delicato le donne vengono sfruttate dagli uomini. Così è nata l'eroina del libro, una donna che si contrappone all'uomo sfruttatore".
Tozzi: "Ritengo che nel giallo e nel noir non ci siano regole che i lettori si aspettano, e quindi la specificità femminile o maschile nella lettura penso che non esista. E' però possibile che ci sia una sorta di inconsapevolezza di fondo, provocata dalle riflessioni che alle donne derivano dall'essere oggetto di violenza, o soggetti apparentemente più deboli. Tempo fa Stephen King aveva raccontato, in una saggio sulla scrittura, quanto è divertente spaventare una donna. Questa è una caratteristica degli uomini: per loro è un gioco, un'astrazione del concetto di violenza che deriva anche dall'atavicità del genere, mente invece la donna ha sempre un approccio più concreto alle cose".
Marklund: "La mia protagonista è una donna che ama i bambini e il marito, che è ambiziosa nel lavoro e crudele con i collaboratori. E' quello che la donna dovrebbe essere secondo ogni uomo, mentre per noi è un assurdo. Ho voluto creare un modello di riferimento per ogni donna, un personaggio che potesse essere usato da invocare quando si presenta un problema, e invito ogni mio lettore a farlo".
Vinci: "Spesso le donne sono complici di un sistema, dove chiunque detiene il potere lo esercita su chi è più debole. Per questo le donne dovrebbero impegnarsi di più. Io non mi sono mai posta il problema maschile/femminile, penso solo in termini di esseri umani, perché diversamente potrebbe rivelarsi una gabbia. Questo discorso vale anche per il genere narrativo, non bisogna chiudersi in una gabbia. Oggi bisogna essere belle perché altrimenti si hanno difficoltà sul lavoro, bisogna fare figli perché se no si viene considerate come persone che hanno dei problemi o che non hanno risolto qualcosa. Invece io ho scritto romanzi con donne cattivissime, ambientati in epoche in cui le donne dovevano essere buone".
Lipperini: "Uno dei grandi equivoci su cui la narrativa ha poggiato a lungo, è che le donne raccontano mondi piccoli, e nel momento in cui la narrativa amplia il suo sguardo, sembra che il mondo della scrittura femminile venga tagliato fuori".
Bartlett: "Tutti i mondi sono piccoli. Nel momento in cui abbiamo iniziato a diventare protagoniste della letteratura, tutte le strade si sono aperte, ma bisogna prendere sul serio la qualità letteraria, perché non si può riempire il mondo di spazzatura. Questo, del rigore artistico, è un canale importante che dobbiamo imparare a utilizzare bene".
Bucciarelli: "Rileggendo i testi femministi o femminili, ci si accorge di passaggi drammaticamente attuali. La domanda, mentre si scrive, è se non vale la pena di mettersi in gioco con modelli diversi, anche a costo di non essere riconosciute immediatamente: per esempio le mamme cattive, che esistono nella nostra realtà, potrebbero essere un'immagine da tenere in considerazione, e con la quale iniziare a fare i conti".
Bolton: "Mentre scrivevo mi sono chiesta cosa avrebbe fatto un uomo con la mia storia, per cercare di dargli un respiro diverso, ma alla fine sono contenta di aver tenuto un punto di vista femminile".
Tozzi: "Non c'è differenza tra grandi questioni e dimensione domestica, perché nelle mura di casa nasce il modo di affrontare qualsiasi tema. Se una donna scrive di un ambito domestico, si dice che è una piccola storia, che è narrativa rosa, ma se lo fa un uomo cambia il metro di valutazione. Ci sono esempi eccellenti di questo, come la grande letteratura di Tolstoj. Dobbiamo essere noi per prime a sfatare i cliché, perché è qui che nascono le sfortune a cui si crede di doversi adattare".
Marklund: "La differenza tra uomo e donna sta nelle aspettative, soprattutto nelle nostre. Tutto sta nella prospettiva nella quale ci collochiamo, ma non bisogna dimenticare che noi siamo diverse perché abbiamo esperienze diverse, e questo inevitabilmente si riflette nella scrittura".
Vinci: "Lo sforzo più importante sta nella scrittura, perché il valore artistico è al primo posto. Elsa Morante, con La storia, ha costruito un personaggio femminile che avrebbe potuto essere creato anche da un uomo. Agota Kristof, in Trilogia della città di K., ha riunito una piccola e una grande storia. Bisogna avere più coraggio in questo".
A questo - non poco - si aggiungono gli spunti di lettura o rilettura:
Per la musica ho scelto Amy,
qui e
qui.