Como, piazza della Tessitrice
Un libro fatto di piani incrociati. Almeno tre storie scorrono in La Tana degli Alberibelli (Longanesi, 329 pagg., 18 euro), ultimo romanzo di Marino Magliani, scrittore ligure di origine e olandese di adozione. La prima va indietro nel tempo fino all'Era Napoleonica, con due ufficiali e un soldato disertori. Tornano dall'Egitto e portano con loro una scorta di hascisc, che hanno imparato ad usare nei decotti, ma anche a fumare nascosti in una grotta che diventa il loro rifugio, la Tana degli Alberibelli. Un salto temporale porta fino agli anni della Resistenza, alle Alpi Liguri che nel 1944 sono uno scenario di violenti combattimenti, con atti di spionaggio e di delazione. Tra i partigiani arriva uno sfollato, che in realtà è un infiltrato dei repubblichini: mandano uno di loro perché individui la spia e la elimini, ma l'infiltrato riesce a sfuggire e si rifugia nella Tana degli Alberibelli. Terzo scenario: un porto della Liguria di Ponente, oggi. Un'opera realizzata con fondi pubblici europei, oggetto dell'ispezione di due commissari incaricati di verificare che il denaro assegnato sia stato utilizzato correttamente. Uno di loro viene ucciso da un cartello criminale che ruota attorno agli interessi del porto. C'è anche qualcuno che si muove sotto la copertura di un inviato di una tv olandese incaricato di trovare il mestolo con cui un soldato napoleonico preparava decotti a base di hascisc: arriva così alla Tana degli Alberibelli.
A questo punto inizia il libro.
Com'è questo romanzo?
Lo definirei introspettivo e di impegno civile. Rispetto alle mie scritture precedenti, è più di indagine interiore che di attualità. L'ho iniziato alla fine degli anni ottanta, e poi abbandonato. Ho sfruttato alcuni spunti per racconti e per altri romanzi. Alla fine era rimasta solo un'impalcatura sbilenca e l'idea di lavorarci. C'era troppa inattualità in questo materiale, avevo bisogno di un ingrediente che mi portasse avanti nel tempo. Tuttavia il mio entroterra non lascia spazio al presente: è decadente, invecchiato nei suoi abitanti, crollato. Mi sono guardato attorno e mi sono accorto che a Imperia stavano realizzando il più grande porto turistico del Mediterraneo. E' diventata la storia che mi mancava.
Cosa ti ha insegnato questo libro?
Ho capito quanto è difficile occuparsi di attualità, scavare in quello che hai attorno. Nel 2008 ho iniziato la mia indagine incontrando di nascosto politici di opposizione e giornalisti. Ho raccolto documenti sulla storia di questo porto, voluto da una lobby che ha consegnato un territorio pubblico a una società fantasma, fatta di scatole cinesi, alle cui spalle ci sono grossi nomi dell'imprenditoria italiana. E' un luogo per pochi, l'ennesima colata di cemento evitabile della Liguria. Tutto questo mi ha fatto scoprire il mio lato civico di scrittore.
Questo romanzo è molto ligure nel carattere e molto maschile nei contenuti. Come mai?
Racconta da dentro il Ponente, dove ognuno ha qualcosa da tenere nascosto agli altri. E' un'immagine che si lega strettamente alla Liguria decadente e molto diversa da quella che si affaccia sul mare, in un entroterra che sta solo a pochi chilometri ma che da sempre è molto distante. La divisione politica tra Savoia e Doria ha segnato una differenza che si trascina ancora oggi. E' una terra di rovi, di montagne e di vegetazione spinosa, attraversata solo da animali, e dove il paesaggio è preservato da questa inavvicinabilità. Riuscire ad affrontare questi rovi fa sanguinare, ma permette di vedere questo mondo così com'è rimasto. Quanto al carattere maschile devo dire che nei miei romanzi non ci sono quasi mai donne. Non è per maschilismo, ma per dare voce credibile a una terra dove gli uomini non hanno donne. Questo li priva di armonia, di esperienza, di capacità di rappresentarsi.
5 commenti:
Bello.
è vero, in quei posti lì, nel Ponente ligure, ho conosciuto molte persone che hanno cose da tener nascoste.
Certo si potrebbe dire che tutti, anche non di Ponente ligure, si possano avere dei segreti, delle cose da nascondere. E' normale, no?
Però lì davvero c'è un non so che di subdolo, difficile da spiegare.
Magari cercherò riscontri nel libro di Magliani, l'ho comprato giusto prima di Natale.
Grazie,
Laura
Grazie a te Laura.
A presto!
P.
Per l'immane generosità di Giuseppe Conte, suo editore, al libro di Magliani è toccato il premio Frontiere-Biamonti, nella parte autore locale.
Dice infatti Ingmar Bergman che tutto è possibile, pur che fatto nel nome della tenerezza e dell'amore
Grazie, intanto a Paola e poi a Elisabetta e Laura. Quanto a Ohan,
che credo di conoscere, che dire, ho dedicato parecchi libri alla figura di Biamonti, alla luce dei nostri costoni, ai concetti di attesa, anche nella Tana.
Ho proposto e lavorato all'editing di La Ballata della piazza, un romanzo scritto da un grande amico di Biamonti, Elio Lanteri. Ho presentato ad Amsterdam le traduzioni di Biamonti, parlato a lungo con le sue traduttrici, anche ultimamente per una discussione sul Vento largo. Insomma, non sono uomo da premi ma non riesco a stupirmi così tanto se la giuria, che ringrazio, e di cui fa parte anche Giuseppe Conte, direttore artistico del premio, mi ha preso in considerazione per la sezione nazionale del premio Pagine di Liguria. Non chiamarlo locale. Quanto a Giuseppe Conte, è evidente che non è il mio editore, e del resto se lo fosse davvero lo staresti offendendo, non ce lo vedrei a dare un premio a un suo autore, lo ritengo un uomo libero.
Salutami le mie palme, se ti chiedono quando arrivo, lo sai, dì pure loro che non sono mai partito.
Grazie.
marino magliani
Posta un commento