lunedì 12 aprile 2010

Marina Visentin, Biancaneve

(Foto di Giovanni Zucca)

E' il nero assoluto, la mancanza e l'impossibilità di un riscatto. L'incapacità di un desiderio portato avanti seguendo un moto interiore e profondo. Pagina dopo pagina, è la costruzione scientifica di un annientamento. Servono a questo i delitti in Biancaneve, noir d'esordio di Marina Visentin (Todaro editore, 158 pagg., 15 euro). Anzi, il delitto. Quella morte iniziale che scatena la più macroscopica incapacità di costruirsi un sé, di prendere una decisione, di mettere fine a una caduta nel vuoto. E' tutto claustrofobico e chiuso, legato rigorosamente a scenari interni - fisici e mentali - dai quali la protagonista non si allontana mai. Non bastano gli accenni a un lavoro di insegnante mal vissuto a togliere quella giovane donna a cui mai viene dato un nome, dalla condizione di clausura domestica in cui consuma i suoi giorni. Succede tutto all'interno: di se stessa, dei luoghi in cui vive. Gli altri sono invece proiettati all'esterno, catapultati in una superficialità fatta di frequentazioni, di presunte amicizie, di professioni inventate: lo stesso delitto che scatena gli accadimenti successivi, avviene fuori. Distante da tutto. Tenuto alla larga da ogni possibile empatia attraverso una descrizione sommaria. L'assenza di chi legge dal luogo in cui tutto avviene, è recuperata con una cronaca essenziale, che deve bastare. Perché il vero delitto deve ancora arrivare, consumato in un'esistenza che si degrada ad ogni pagina. 

Chi è Biancaneve?
Prima di tutto una donna senza nome, che nella grande sala da ballo della vita ha scelto la parte della tappezzeria. Una donna fragile, cresciuta con l’idea di non essere all’altezza, di non valere abbastanza, di non avere diritto a un proprio posto nel mondo. Una donna che non si ama e non si stima, desidera tutto ma in fondo non vuole nulla, e finisce col coltivare solo l’erba grama dell’invidia e della collera muta. Una donna nata vittima, ma non per questo innocente, che ha deciso di passare la sua vita all’interno di un cono d’ombra, giocando di rimessa alle spalle dell’amica più bella o dell’uomo più forte. Una donna sgradevole, passiva, inerte, cattiva, con la quale è difficile solidarizzare, apparentemente impossibile identificarsi. Ma il suo volto candido, incorniciato di lunghi capelli neri, proprio come la Biancaneve della fiaba, è uno specchio scuro che riflette più di quello che vorremmo. Le nostre paure, le insicurezze, le angosce, le emozioni nere, il buio dei sentimenti che potrebbe trascinare verso l’abisso chiunque di noi.

La cattiveria tra donne è uno dei temi iniziali del libro. Su quali altri aspetti del femminile ti sei voluta soffermare?
Sì, certo, la cattiveria è una chiave di lettura fondamentale nel rapporto che si stabilisce fra i tre protagonisti del mio libro. Due donne e un uomo, in fondo il più classico dei triangoli, anche se giocato in modo un po’ diverso dal solito. Ma in realtà il tema più importante per me è quello della violenza. La violenza che tante, troppe donne, subiscono ogni giorno in Italia. E quasi sempre non a opera di uno sconosciuto, magari extracomunitario, come certa propaganda politica vorrebbe farci credere, ma dell’uomo che hanno sposato, con il quale hanno deciso di vivere e di mettere al mondo dei figli, che ha promesso di amarle e proteggerle. Ci sono periodi in cui sembra di assistere a una vera e propria strage quotidiana, di donne uccise da mariti, fidanzati, fratelli, padri… che naturalmente vengono poi descritti da parenti e vicini di casa come uomini tranquilli, normali, integerrimi, insospettabili! Ecco, a me non interessava tanto parlare della cattiveria degli uomini che esercitano la violenza ma della complicità delle donne che quella violenza la subiscono, senza denunciarla, senza ribellarsi, senza andarsene sbattendo la porta. Volevo indagare il fondo nero dell’animo femminile, fatto di inerzia, di passività, di gabbie mentali che spesso possono costringere addirittura più di un burqa.

Cosa significa per te scrivere noir? 
Risponderei con una domanda: che cosa rende noir una storia? Non un certo tipo di personaggio, una determinata situazione o ambientazione, o un preciso meccanismo narrativo, ma piuttosto un sapore, una sensazione, un’inquietudine dello sguardo. Il noir è più un’atmosfera che uno schema, forse per questo mi piace particolarmente. Anzi, mi è sempre piaciuto. Sia al cinema che nei libri. I gialli dipende, a volte mi piacciono, a volte no. Le storie noir mi affascinano sempre, perché sono una lente attraverso la quale vedere il mondo, i rapporti fra gli uomini e le donne, fra gli uomini e il potere, le donne e il denaro, i padri e i figli, le madri e le figlie, insomma praticamente tutto, o quasi. E si tratta di una lente molto potente, perché capace di indagare il male, il dolore, la sofferenza, la violenza. Di tutti i generi, il noir mi sembra sia quello che più eccede le regole, e meno si lascia contenere dentro una scatola di istruzioni rigide. Insomma, un bel romanzo noir è sempre qualcosa di più della semplice somma dei suoi ingredienti.


3 commenti:

daniela ranieri ha detto...

Biancaneve. E' scritto molto bene. Mi colpisce l'abilità dell'autrice di raccontare i personaggi anche attraverso i loro movimenti e sensazioni corporee. A tratti è così forte da trascinarti nella storia e farti soffrire per e con il personaggio principale. Avverti che dentro di te resta qualcosa che non riempie... è uno spazio vuoto... uno spazio per la riflessione e forse per l'azione...

Anonimo ha detto...

DE SANDRA VICENTINI BRASIL, BELISSIMO SITE SERÁ QUE SOMOS PARENTE PELO MESMO SOBRENOME?
VOCE É ESCRITORA NA ITALIA?

Maria Carla Canta ha detto...

Ancora non ho letto il libro, ma sono impaziente dopo questa osservazione dell'autrice--- a proposito delle gabbie in cui noi donne, ci chiudiamo inconsapevolmente o per mille ragioni sbagliate---- ".... costringono più di un burqa". Terribilmente vero, facile sfilarsi un drappo che ci copre e perfino avere il coraggio di bruciarlo in piazza tutte insieme, ma i veli che nascondono a noi stesse l'interiorità è un'altra cosa. Prima bisogna accorgersene o cominciare a chiedersi il perchè. Auguri, Marina, di molto successo! Maria Carla