Cascade Cordoba. Installazione di Alicia Martin
Parecchi anni fa ho avuto la mia intensa stagione di lettura dei romanzi di Manuel Vazquez Montalban. Tra le tante particolarità di Pepe Carvalho, il suo investigatore, ce n'era una con cui non riuscivo a fare i conti. In momenti particolari - di amarezza, delusione o chiusura di una parentesi - tornava a casa, sceglieva con cura un volume dalla sua ricca biblioteca, e lo gettava nel camino. Assaporava la distruzione di quelle pagine e del loro banale o inutile contenuto gustandosi un calice di vino rosso, o pregustando la specialità culinaria a cui si sarebbe dedicato da lì a poco.
Non capivo. Nella mia visione sacrale dell'oggetto libro, non riuscivo a comprendere questo piacere. Oltretutto partorito da uno scrittore, uomo di cultura e di libri. Poi ci sono arrivata anch'io. Dopo anni di accumulo compulsivo e irrazionale di ogni pezzo di carta minimamente rilegato, da un po' di tempo a questa parte mi sto alleggerendo. Gli scaffali delle mie librerie, ormai arrampicate su ogni angolo di muro, non sono mai stati così vuoti, in grado di lasciare spazio alle cose migliori che arriveranno.
L'epurazione ha le sue regole. Le prime fasi sono state timidissime, con attacchi solo a ciò che era palesemente superfluo. Ora ho sviluppato un metodo. A volte è un gesto apparentemente istantaneo, ma in realtà sempre ragionato: vedo il libro, capisco che non mi ha dato e mai mi darà nulla, allungo il braccio e lascio che si apra il vuoto sullo scaffale. Altre volte è pensato per giorni: li guardo, li rumino, penso al contenuto e a chi lo ha scritto, e poi sopprimo. Ultimamente l'eliminazione di un paio di opere omnie di italiani, mi ha regalato un grande senso di leggerezza e liberazione. Un po' alla volta, attorno a me rimane solo il bello e il buono, ciò che ha valore, che mi regala qualcosa ogni volta che l'occhio cade sul dorso e legge il titolo. Ora stanno in primo piano, liberati dal superfluo che schiamazzava attorno a loro.
Parallelamente ho sviluppato nobilissimi canali di smaltimento: biblioteche di carceri, bookcrossing, vicini di casa, conoscenti prima increduli e poi felici di ricevere volumi in perfette condizioni. Libri la cui inutilità sociale e umana racchiude due opposti che li riscatta: la privazione e il dono.
8 commenti:
Grande Pippis :) grande...
Liz
Hai fatto cosa buona e giusta.
Ero certa della vostra approvazione ;-)
Dovrò farlo anch'io?
Il mese di agosto ho fatto un censimento dei libri e ne possiedo un'esagerazione.
Di alcuni me se sono liberato attraverso tre concorsini che ho proposto sul mio blog. Ma un'epurazione sarà necessaria anche nella mia libreria credo...
grazioso comunque questo post:-)
noi bibliotecari lo chiamiamo anche deserbage des collections.
una revisione del patrimonio (non di libri antichi) ma di quelli che nelle biblioteche pubbliche hanno esaurito la loro funzione di via di accesso locale alla conoscenza e non riflettono più gli orientamenti attuali e l’evoluzione della società.
approvo, paola
Vedo che questo post suscita molta approvazione: forse abbiamo bisogno un po' tutti di liberarci dei pesi morti. Partire dai libri consente anche di divertirsi pensando ai tanti significati che si nascondono nell'eliminazione: assieme all'oggetto spariscono il contenuto, il momento storico, chi lo ha scritto. Facciamo tabula rasa del modo in cui è arrivato a noi, di chi ce lo ha consigliato o regalato, di chi lo ha esaltato, dei nostri errori di valutazione, della compulsività nell'acquistarlo.
In sintesi, spazziamo via con soddisfazione una serie di piccole ma mai innocue fastidiosità che ci ronzano attorno
Non buttare anche me, e regalami libri che si possano leggere. Bacio
Hai perfettamente ragione, Paola. Il mio problema è l'affezione totale che ho per l'oggetto libro...indipendentemente da chi me lo ha regalato, consigliato e anche da chi lo ha scritto e perfino dal suo contenuto. Liberarmi di un libro, anche orrendo, mi crea come un leggero ststo d'ansia che finora ho fronteggiato spostando, riordinando, cacciando nel fondo alla libreria quello che non mi andava giù. Ma ormai non ho più il posto neppure per uno spillo, perciò prima o poi mi deciderò a fare quello che hai fatto tu.
Un abbraccio.
Annalisa
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