martedì 6 ottobre 2015

Expo Milano 2015: cosa non vi potete perdere

Ne sono uscita entusiata, dopo ore di cammino e tantissimo ancora da vedere. Expo 2015 non ha fatto fatica a stupirmi e farmi venire la voglia di tornare molte altre volte. Anche per rivedere qualcosa di bello che non si replicherà mai più al di fuori di questo strabiliante milione di metri quadrati dell'area espositiva.
In otto ore non-stop ho visitato 33 padiglioni, circa la metà di Expo, e posso tracciare un primo elenco delle tappe imperdibili.

1.   Al primo posto il Padiglione della Corea, Sei ciò che mangi. Forse il più bello e geniale. Installazioni essenziali e spettacolari, arte domotica e ripetizioni di immagini. Concetti semplici e folgoranti. Per esempio: quanto spazio occupano nel mondo le persone grasse rispetto a quelle magre? Lo rappresenta un'istallazione composta da centinaia di sfere di ogni dimensione, tra cui alcune gigantesche. Oppure una domanda banale, con migliaia di risposte diverse incise da ogni visitatore sul muro di ingresso: qual è il tuo piatto preferito? La Corea ci insegna il processo di fermentazione del cibo, l'Hansik, che nasce dalla scienza del tempo, e cambia radicalmente il nostro punto di vista sul cibo, passando da equilibrio e conservazione. 







2.     Al secondo posto il piatto di Davide Oldani creato per Expo: Riso, zafferano e panettone. A 10 euro, nel chiosco alle spalle del Padiglione Zero. Una spirale perfetta di oro e pistilli. Il menu propone anche altro, ma la prima volta prendete questo, senza incertezze.



3.     Padiglione Kuwait: le zone aride e la conquista del deserto. Prima di entrare nel padiglione vero e proprio, si passa da una stanza buia in cui viene simulato un temporale di notte nel deserto, seguito dall’alba con la vegetazione nata dalla pioggia. Riscotruzioni essenziali e chiare, mostrano i sistemi d’irrigazione artificiale e il progredire dell’agricoltura tra centinaia di chilometri di sabbia e pozzi estrattivi.




4.     Il Cluster cereali e tuberi. Alcuni, come la manioca, li conosciamo e non fanno parte della nostra alimentazione. Altri – come sorgo e fonio, o la farina di baobab e il macinato di saggina – sfamano metà del pianeta, ma a noi sono del tutto sconosciuti. A Expo si parla di Cibo per il futuro, e in questo i cluster mostrano molte sorprese: sono spazi espositivi che raggruppano numerosi Paesi all’interno di uno stesso progetto e identità tematica, sviluppato intorno a un tema centrale rappresentativo di ciascuno. Oltre ai cereali, le filiere alimentari sono riso, caffè, cacao, frutta e legumi, spezie. 



5.   Padiglione Israele. In tre tappe un viaggio che racconta forse più che un libro di storia. Immagini veloci e salti temporali, mezzo secolo di ricerca tecnologia avanzata per creare un Paese nel deserto, e poi per migliorare la qualità dell’agricoltura mondiale. Irrigazioni forzate, controlli a distanza delle produzioni di vaste dimensioni, studi scientifici per ottenere la coltura del riso quasi priva di acqua, una rivoluzione per le zone aride. 




6.     Padiglione Austria. Appena varcato l’ingresso, si apre un bosco, rigoglioso e intricato. Dove la natura ricorda l’importanza del respiro come fonte essenziale di vita. 




7.   Padiglione Spagna. La dieta mediterranea, la cucina dei grandi chef, i vini e l’olio. Una stanza rivestita di piatti luminosi e psichedelici




sabato 3 ottobre 2015

Troppa felicità

"Doree doveva prendere tre autobus: uno fino a Kincardine, lì aspettava il secondo per London, e lì di nuovo aspettava quello urbano fino alla struttura. Si mise in viaggio alle nove di una domenica mattina. Dati i tempi d'attesa fra un mezzo e l'altro, prima delle due circa non avrebbe percorso le cento e rotte miglia di strada".
Alice Munro, Troppa felicità. Incipit


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mercoledì 4 marzo 2015

Il cuore nero delle donne


Otto storie di assassine, come sono state chiamate, perchè le hanno consegnate così a tutti noi, da sempre. Ma sono anche "storie esemplari che parlano di femminilità", in uno spostamento di punto di vista che non cambia la sostanza, ma cerca di scrutarne le ragioni. Racconti evocativi dalla prima all'ultima riga: nei personaggi celebri, nelle emozioni, nei drammi e nella potenza di quella violenza esemplare entrata nella memoria collettiva.
Per raccontare Il cuore nero delle donne (Guanda, pagg., 280, 17.50 euro), antologia che sta per arrivare in libreria scritta da otto donne e pensata da un uomo, procederò con un disturbante - e parziale - ordine alfabetico per cognome. 

Bucciarelli Elisabetta: autrice molto noir e molto cara a questo blog, che rompe gli equilibri utilizzando l'unica voce maschile, "storia di un uomo innamorato e di una donna che avrebbe voluto amarlo per sempre e non poteva permetterselo....". Maria Elena Tiepolo e Ferruccio Oggioni, simboli di una Italia bambina alla ricerca di gloria e onori, ma facile agli spaventi. E' il racconto della "fragilità nera contentuta nell'amore, che al pari della violenza non è governata dal genere, maschile o femminile, ma che nel confronto tra i generi trova il suo punto di rottura".

Crovi Luca: è sua l'idea di raccogliere questi otto cuori nerissimi. Storie che ci conducono alle "vere ragioni che portano a compiere gesti sanguinari", attraverso il tentativo di conoscere meglio queste donne, di interpretare la disperazione o la rabbia di un momento che, per ognuna di loro, ha segnato un punto di non ritorno. Storie che partono da strade lontanissime e simili, dove la furia rappresenta sempre l'altro volto della passione. 

Ghinelli Lorenza, attirata dalla tenacia, dalla ferocia e dalla sfortuna di Rina Fort, a cui "la vita non concesse sconti nè tregue". Assassina più di ogni altra, maldestra e spietata nel cercare di prendersi il suo posto nel mondo, con forza, intelligenza, passione, odio. Capace di uccidere adulti e bambini per vendetta. Ma che "ci piaccia o no, è stata prima di tutto un essere umano". 

Pastor Ben, che ringrazio per aver scelto la Monaca di Monza, personaggio di cui non mi stanco mai. Punita, sempre e da tutti. Incapace di arrendersi, immagine di dignità mai sconfitta. Murata viva per aver ceduto a un amore potente e corrisposto, nata nell'epoca più sbagliata per lei. Epoca punitiva per ogni donna, ma per lei più di ogni altra. Per Virginia Maria De Leyva, due anni di processo, tra 1607 e 1609, quattro anni di condanna tra le più dure, e la volontà di umiliarla fino all'ultimo giorno. 

Tani Cinzia e l'ossessione di Pia Bellentani. Icona e vittima di un "romanticismo esasperato". cresciuta a fotoromanzi, sogni e fantasie. Il colpo di pistola che esplode la sera del 15 settembre 1948 all'interno del Grand Hotel Villa d'Este di Cernobbio, per un attimo distrugge uno dei pochi momenti di fasto e galanteria di un'Italia che sta cercando faticosamente di rimettersi in piedi dopo la devastazione della seconda guerra mondiale. Uccide e cerca di uccidersi, ma sbaglia, si ferma a metà, e viene condannata ad affrontare il peso di ogni suo fallimento. 

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venerdì 27 febbraio 2015

Distanze

 
Da sempre, detesto la poesia. La poesia e i poeti. Vivo in un Paese in cui prolificano gli autori, ma non certo i lettori, e dove l'autoproduzione editoriale domina questo genere più di altri. Abbandono le mie ostilità solo davanti alla sorpresa, a quella sensibilità che ogni tanto mi lascia spiazzata, e alla capacità che hanno in pochi, di regalarti un punto di vista di cui avevi bisogno. E' la poesia a cui vale la pena di dedicare uno spazio in una libreria che sta ormai esplodendo. L'ho trovato volentieri, un posto sullo scaffale, per la raccolta Distanze di Ben Simon, pseudonimo di non so quale scrittore italiano che ringrazio per aver realizzato questo libro (Marco Saya edizioni, 159 pagg, 12 euro). Perchè è ironico, divertente, disincantato. A volte un po' sognatore, ma non abbastanza da meritare rimproveri. Veloce nei concetti e nella scrittura. Anche bello da toccare, avvolto da una ruvidezza leggera, e con una bomba a mano in copertina, delicatissima, di Silvia Levenson. Pronta a frantumarsi più che a esplodere. Distanze è una sequenza di composizioni di pochissimi versi, "quasi haiku" come recita un capitolo, che si concentrano sulla cura maniacale delle parole. Storie compresse in una manciata di caratteri. L'essenziale che custodisce, e rende chiari, i concetti più profondi. Per chi è convinto che bastano poche parole a racchiudere il senso di vite intere.

Il libro è qui. In sottofondo questa