martedì 28 aprile 2009

Tre domande a Alessandro Di Pietro


Sessanta conigli che si ripetono e che non sono mai uguali, grazie a un lavoro modulare e smembrabile che ricalca un concetto di fondo: la ripetizione di un sé simile nella genesi e diverso nel risultato. E' l'installazione realizzata dall'artista comasco Alessandro Di Pietro, che sarà in mostra, assieme ad altre sue opere, fino al 16 maggio allo Spazio Laboratorio La Cornice di Cantù, con il titolo Rosso dentro rosso fuori.

Come nasce questa installazione?
Sono figure di conigli realizzate con fogli di acetato su cui spalmo uno strato di bianco, poi strappo e passo uno strato di colore sulle venature. In questo modo il risultato è sempre diverso, non c'è mai un pezzo identico all'altro. Le venature rosse evocano l'apparato circolatorio come un flusso, come un reticolato che crea la forma. E' un work in progress del quale ognuno si porta a casa un pezzo, e io vorrei sapere dove va ogni parte di questa opera, in modo da crearmi un reticolato mentale fatto di punti che corrispondono alla dislocazione fisica di ogni figura di questo lavoro. Così il filo rosso delle vene diventa simbolo del filo rosso che unisce i pezzi quando prendono la loro strada. Unisce persone che inconsapevolmente hanno fatto una stessa scelta. Diventa il simbolo dei rapporti sociali che ci legano, e alla fine mostra come la trama interna di cui siamo fatti, si replichi anche all'esterno.
Perché il concetto di circuito è così centrale nella tua comunicazione?
Tutto sta all'interno di un circuito, e tutto ne ha uno all'interno. Abbiamo la consapevolezza di essere individui indipendenti, ma allo stesso tempo strettamente collegati ad altri individui. Questa riflessione è fondamentale nel mio lavoro, e assolutamente centrale in questa mostra. Il piccolo compone il grande, il grande racchiude il piccolo replicato: ecco la ripetitività e la modularità, concetti-base.
Il procedere per stratificazioni, oltre che una tecnica è anche una metafora?
E' un tema molto analitico, che sento profondamente in questo momento. Non so se rimarrà anche in futuro, ma ora ho molto presente questa immagine: stratificazione e reticolato. Forma e contenuto coincidono. C'è l'oggettività del procedimento ripetitivo, con un risultato sempre diverso, a volte evidente a volte per sfumature: come siamo noi.



lunedì 27 aprile 2009

Luca Poldelmengo, Odia il prossimo tuo

Un intreccio di storie che partono da lontanissimo e si scontrano per motivi assurdi ma incredibilmente vicini a quanto potrebbe accadere nella realtà, una scrittura veloce e coinvolgente. Odia il prossimo tuo, esordio narrativo di Luca Poldelmengo (Kowalski, 186 pagg., 12 euro), è il libro che in queste ultime settimane ho letto con più piacere, senza mai perdere il passo veloce che parte fin dalle prime pagine. Personaggi che formano uno spettro sociale dal ritmo sincopatico, che si muovono con rabbia, violenza, improvvisazione, delusione, opportunismo tra le periferie e il centro di una città, di una storia, di una loro dimensione di vita. Personaggi alchemici, la cui commistione porta a conseguenze che sono l'anima del romanzo.

Scrittura fluida, storie apparentemente distanti che si intrecciano, pennellate di surreale. Quanto la tua formazione di sceneggiatore deve al tuo stile di scrittore?
Provo a ribaltare la domanda, è il mio stile di scrittore che deve, nel bene e nel male, tutto alla mia formazione da sceneggiatore e in parte a quella - più accademica che pratica - da regista. Odia il prossimo tuo non solo è il mio primo romanzo, ma è in assoluto il mio primo tentativo di esprimermi attraverso la narrativa. Prima non avevo mai tentato questa via neanche attraverso formati dal respiro più limitato come ad esempio un racconto. Per questo credo che il mio "stile" letterario sia ancora da definire, da smussare, forse persino da capire. Un discorso più completo si potrebbe fare sulla poetica, sul tipo di storie che amo raccontare, indipendentemente dallo strumento-linguaggio che uso per farlo.

E' azzardato un paragone tra il tuo libro e la teoria dei Sei gradi di separazione, o il film di Schepisi?
Non ho visto il film ma conosco la teoria, intrigante. Detto ciò non mi è mai passata per la testa mentre scrivevo il romanzo. Credo che il motivo sia che se pure configurando orizzonti simili la teoria e il romanzo partano da due presupposti antitetici: la teoria spiega scientificamente come in realtà il mondo non sia poi così grande, ed infatti è detta anche del piccolo mondo. Il concetto del libro potrebbe essere così sintetizzato: per quanto il mondo sia grande e per quanto delle vite siano diverse tra loro il destino - elemento molto poco scientifico -, è in grado di farle incontrare. Il loro incontro, come quello dell’aria col fosforo, porterà ad una folgorante combustione. Che sia per questo che erano state posizionate così distanti?

Quali personaggi ti sei più divertito a costruire e avvicinare tra loro?
Ci sono alcuni accostamenti nel romanzo studiati a tavolino per dare il massimo della tensione drammaturgica, ma anche per racchiudervi all'interno un arco sociale e storico significativo. E' il caso di Flavio e Cristiano. Un ex brigatista esce dal carcere, desidera rincontrare il figlio che era stato costretto a dare in adozione 25 anni prima. Quale figlio sarebbe più interessante, per lui e per la storia, fargli ritrovare? Un rampollo della Roma bene, nichilista ed egocentrico, che getta un sasso dal cavalcavia solo per gioco senza preoccuparsi delle conseguenze! Mi è sembrata la risposta che desse le maggiori possibilità di indagine sul personaggio e di dramma (nel senso etimologico del termine) alla mia storia. Altri personaggi nascono invece più di pancia, come Armando Peducelli detto Sella: stalliere rozzo e con problemi legati alla sfera sessuale, ma un dio al tavolo verde. Mi ero decisamente stancato dello stereotipo del grande giocatore di poker che è, quasi sempre, di bella presenza e comunque di buone maniere. Ho usato volutamente due esempi agli antipodi per dare l’idea di come ci siano molti modi-necessità da cui può prendere vita un personaggio.


domenica 26 aprile 2009

Il perché del taccuino



Contaminazioni di calligrafie, incroci di scritture, ordine e disordine, reminescenza con il suo catapultarsi all'indietro in un momento, un periodo, una sensazione. Una frase, un numero di telefono, un appuntamento, nomi nomi nomi, un appunto, un'idea che magari non prenderà mai forma ed esisterà solo in quel momento. Il titolo di un libro, una musica che si vuole riascoltare, un bel momento, un paesaggio visto o sognato. Le cose da fare che si dimenticano.
I libri letti, i concerti, gli appuntamenti vissuti e quelli saltati, oggi ci siamo visti o non ci siamo visti, i ristoranti e i giorni, i posti da visitare, gli acquisti, le mostre, le liste. I pensieri messi lì per paura che scappino. Le frasi belle, i ritagli di giornale.
Le cose importanti e quelle dimenticate. Anni di una professione in migliaia di appunti, la vita di centinaia di persone in decine di taccuini.
Regalati, donati, ricevuti, acquistati, ritrovati. Quelli persi, con dispiacere e sgomento. Taccuini bellissimi, banali, discreti, comodi e scomodi, lunghi da terminare, righe o quadretti, tutto bianco. Taccuini troppo preziosi per scriverci, per contaminarli, per consumarli. I piccolissimi, quelli famosi, quelli artigianali, quelli delle serie speciali, i casuali, quelli troppo cari che alla fine compri lo stesso, quelli doppi e i tuoi preferiti, i Moleskine di tutti i colori.

Ecco i perché di una mania.

Classicissimi: Moleskine
Semplici e comodi: Legami
Divertenti: Lem Art
Di carta ecologica: Alfabet
Ricercati: Rossi 1931
Lavorati a mano: Arcadia
Con elastico: Ciak
Colorati: Campo Marzio
Con spunti dall'arte: Kaos

In viaggio col taccuino, il blog


sabato 25 aprile 2009

SottoSale

Sale come elemento naturale fondamentale per l’esistenza di tutti gli esseri viventi, come merce di scambio e causa di numerose guerre, come simbolo di purezza e verità in alcune culture, come elemento generatore o distruttore in altre. Il cosiddetto oro bianco, a partire dalla necessità di nutrirsi, permea vari ambiti della vita dell’uomo, qui interpretati, nell’occasione della mostra Sale Q.B. Ad ognuno il proprio granello, da sette prodotti e una video proiezione.
Il gesto di salare “quanto basta” un piatto, nella giusta quantità e in base alla propria esperienza e cultura, diventa un pretesto progettuale per il quale aggiungere il proprio granello di sale, come dice il vecchio detto francese «Mêttre son grain de sel», significa dare il proprio contributo sfiorando la vetta della massima creatività.
Nella cornice del FuoriSalone 2009 di Milano, “Sale Q.B.”, firmato dal collettivo AnacletoLab, non è un semplice allestimento di prodotti, ma un viaggio culturale alla scoperta di due mondi, quello del sale e quello del design.


Perché parlo di questa mostra e di questi progetti, che rimarranno allestiti fino a lunedì 27 aprile? Per semplice protagonismo.
SottoSale, il libro - realizzato da Marta Carboni, Sabina Piediferro e Ambra Zeni - per ora è un'opera a tiratura limitata, 50 copie numerate di cui una esposta in mostra. Poi chissà, magari lo troveremo in libreria tra non molto... A tutti, me compresa, è stata fatta la stessa domanda: Cosa metteremmo sotto sale? Cosa vorremmo salvaguardare dal trascorrere del tempo? Cosa vorremmo preservare per i così detti “tempi migliori”?
La mia risposta: il taccuino.


mercoledì 22 aprile 2009

Arte e erotismo, il libro

Questo libro è davvero bello. Non solo per il formato, le immagini, i contenuti. Per la completezza. Per le opere note e quelle inedite. E' bello per la scelta dei capitoli, per una suddivisione che racconta già una storia. Arte e erotismo (a cura di Stefano Zuffi, Electa, pagg. 303, 22 euro), come tutti i libri tematici ben fatti, riesce a dare una visione di insieme, strumenti per una conoscenza trasversale di una rappresentazione che parte dalle statuette di Dorset del V millennio a.C. e arriva fino a Max Ernst e Pablo Picasso, attraverso pagine invase da immagini di ogni dimensione, da sfogliare lentamente. I capitoli seguono la linea di una evoluzione raffigurativa che si muove parallelamente alla morale, al costume, alla società e ai limiti di una professione, ma allo stesso tempo raggruppano i soggetti più indagati: lo specchio, il bagno, il bacio, la bellezza.
In apertura, ovviamente, un'opera di Egon Schiele. 


sabato 18 aprile 2009

Passione, una bibliografia

Saggistica pura, analisi dei sentimenti e dei comportamenti, vivisezione della genesi di uno slancio, di un'emozione. Amore viene chiamato, soprattutto nei titoli, ma la passione è l'ingrediente fondamentale, l'elemento della sua tenuta, la sua forza e la vera essenza.


Jacques Attali e Stéphanie Bonvicini, Amori, Fazi
Aude Lancelin e Marie Lemonnier, I filosofi e l'amore, Raffaello Cortina
Jacques-Alain Miller, Logiche delle vita amorosa, Astrolabio-Ubaldini
Umberto Galimberti, Le cose dell'amore, Feltrinelli
Paolo Cardoso, Paura di amare, paura di essere amati, Clinamen
Eugenio Borgna, Le intermittenze del cuore, Feltrinelli
Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi
Giacomo Dacquino, Che cos'è l'amore, Mondadori
Umberto Curi, Miti d'amore, Bompiani
Gabriele La Porta, A come Amore, Il Saggiatore


venerdì 17 aprile 2009

Rodin erotico a Martigny

Auguste Rodin
Il sole al tramonto
Grafite e acquerello, 25,1x32,5 cm.
Musée Rodin, Paris, Donation Auguste Rodin, 1916
© Musée Rodin. Photo Jean de Calan.

Un Auguste Rodin erotico che si sviluppa lungo un doppio itinerario, attraverso sculture e disegni provenienti dal Musée Rodin di Parigi. La rassegna ruota attorno al culto che Rodin ha avuto per il nudo femminile, e in particolare per il corpo della donna. Il nudo è l’elemento più importante del suo lavoro a tutto tondo, ma il ruolo che ha avuto nelle migliaia di disegni e acquerelli è ancora poco conosciuto. L’insieme di una trentina di sculture e di novanta disegni permette di approfondire l'aspetto dell’erotismo nell’opera di Rodin, e di illustrare l’evoluzione dei disegni erotici dell’artista, dai primi disegni acquerellati degli anni Novanta fino ai grandi fogli a matita dei primi anni del Novecento.
Tra i sui disegni, un migliaio sono comunemente considerati erotici: non erano conservati in un cassetto riservato, ma mostrati abbondantemente, in un continuo confronto con le sculture, confermando il loro valore di grandi opere. I 90 disegni esposti alla Fondation Gianadda appartengono a questo insieme eccezionale, nel quale Rodin rivela il lavoro intimo e intenso a cui si è dedicato soprattutto degli ultimi due decenni della sua vita.

Fondation Pierre Gianadda, Rue du Forum 59, Martigny, Svizzera
Fino al 14 giugno 2009
Tutti i giorni ore 10 -18
Info: 0041.27.7223978 (in Italia 031.269393)
Sito internet: www.gianadda.ch


giovedì 16 aprile 2009

Confessioni di Agent Provocateur

E' una delle più celebri case di biancheria intima inglese e mondiale: capi estremi, esagerati, a volte impossibili da indossare, spettacolari da guardare sui manichini seminudi delle vetrine di Soho, a Londra, la prima sede della catena aperta quindici anni fa. Completi ricercati e accattivanti, accessori e trasparenze: Agent Provocateur è un regno che non ha mai avuto concorrenti al suo livello.


Confessioni (Tea edizioni, pagg.154, 9 euro), seconda antologia promossa da Agent Provocateur dopo Segreti, è una raccolta di nove racconti erotici scritti da altrettante narratrici di genere inglesi, scelte tra le migliori promesse.


mercoledì 15 aprile 2009

Carnet erotici



Picasso Modigliani, Schiele, Klimt: sono pubblicati da L'ippocampo edizioni i Carnet erotici. Per ogni volume una sessantina di pagine con i disegni più significativi di artisti che hanno esplorato da vicino il rapporto tra arte e sensi. Corpi intrecciati, interpretazioni della nudità, rappresentazioni a volte sofferte della passione.


domenica 12 aprile 2009

San Giorgio e i regali impari: libri e rose

Il prossimo 23 aprile si celebra "San Giorgio, una rosa per un libro". Non solo data della morte di Shakespeare e Cervantes, ma giornata mondiale del libro proclamata dall'Unesco. La tradizione Catalana, ora importata in Italia, prevede che gli uomini regalino alle donne una rosa e vengano contraccambiati con un libro. Devo dire che questo scambio di doni mi solleva qualche perplessità perché, andando al di là del simbolismo romantico che ben poco di concreto ci lascia, non riesco a trattenere qualche considerazione sul valore delle merci di scambio, e sulla loro sproporzione.
Innanzi tutto mi chiedo perché la diversità dei regali, rosa e libro. Perché non libro e libro, fiore e fiore, pensiero e pensiero, poesia e poesia. No, rosa e libro.
Già che abbiamo deciso di importare una tradizione non nostra, non si poteva sceglierne una un po' più svecchiata? Un po' meno ancorata alla solita e noiosa distinzione dei ruoli?

Poi, il momento del dono. Se da un lato lo slogan ci spinge a immaginare tanti fidanzati di Peynot ritratti di profilo con il braccino teso a scambiarsi un piccolo libro di poesie d'amore e un fiore, dall'altro voglio entrare nel merito e immaginarmi di far parte di questa schiera. Quindi cosa dovrei fare? Innanzi tutto entrare in una libreria e decidere quale libro regalare. Fare una scelta di contenuto, di utilità, di simpatia, di simbiosi, una scelta comunque di arricchimento, come sempre è un libro, che porta con sé quell'incalcolabile valore aggiunto della conoscenza e dell'avventura che ti regala, di quel patrimonio che entra in te man mano che ne scorri le pagine, e che rimane tuo per sempre.
La donna dunque all'uomo regala questo. Sceglie e pensa, ragiona, spende tempo e emozioni per fare la sua parte. Spera - quasi sempre vanamente - che questo gesto si trasformi in una elevazione morale, comportamentale, emotiva e di sensibilità di chi lo riceve: l'uomo.
In cambio cosa le viene dato? Una rosa. Simbolo radicato e codificato di amore e passione, di trasporto e di legame. In realtà una scelta facile, non ragionata e non pensata, perché da tempo immemore qualcun altro ha già usato il proprio cervello e la propria inventiva per confezionare il simbolo, offrendo a chi è venuto dopo la fantastica possibilità di utilizzare un prodotto concettualmente precotto. Un prodotto spinoso e deperibile, destinato a diventare secco nel giro di due o tre giorni, privo di valore aggiunto. Un dono che entro il fine settimana sarà arido come i pensieri di chi lo ha scelto.
Così anche in questo San Giorgio 2009, si ripeterà la storia eterna: schiere di donne intente a individuare e cercare di trasmettere un valore, un accrescimento, un'empatia, e schiere di uomini che ancora una volta cavalcano il vantaggio di appartenere a una categoria che nulla crea e tutto trova già fatto.


A questo proposito ho preparato la mia bibliografia di San Giorgio, da spulciare e regalare per ricevere in cambio una rosa rossa:

Louann Brizendine, Il cervello delle donne, Rizzoli
Marina Valcarenghi, L'aggressività femminile, Bruno Mondadori
Adriana Cavarero e Franco Restaino, Le filosofie femministe, Bruno Mondadori
Nicla Vassallo, Donna m'apparve, Codice Edizioni
Robin Norwood, Donne che amano troppo, Feltrinelli
Loredana Lipperini, Ancora dalla parte delle bambine, Feltrinelli
Simone De Beauvoir, Una donna spezzata, Einaudi

Eugenio Borgna, L'arcipelago delle emozioni, Feltrinelli
Jacques-Alain Miller, Logiche della vita amorosa, Astrolabio
Luis Fernando Verissimo, Le bugie che raccontano gli uomini, Ponte alle Grazie

Elisabetta Bucciarelli, Femmina de luxe, Perdisa
Alicia Giménez-Bartlett, Segreta Penelope, Sellerio
Lucìa Extebbarrìa, Eva futura, Guanda
Nora Ephron, Il collo mi fa impazzire, Feltrinelli


giovedì 9 aprile 2009

25 libri, una lista


Il gioco circola su Facebook, uno dei tanti, ma in questo caso gradevole. Non solo perché parla di libri, ma perché è in forma di lista, una delle mie passioni (e anticipo che di questo concetto, la passione, avremo modo di parlare a lungo nei prossimi giorni...).
Mi è sembrato bello, in questa contaminazione tra sistemi di comunicazione, trasportarlo anche qui.

Ecco le istruzioni. "Pensate a 25 libri che hanno avuto un così profondo effetto su di voi da cambiare la vostra vita o il modo nel quale guardate ad essa. Vi hanno trascinato a fondo e rapito per giorni, settimane, mesi, anni. Sono i libri che potete usare per identificare tempi, luoghi, persone, emozioni".

Questa è la mia listi di libri imperdibili o che comunque sono contenta di aver letto, ai quali sono legata per motivi personali, affettivi, di identificazione o per momenti che ho diviso con loro e che mi sono rimasti. Sembra una lista disordinata e sconclusionata, una lista SenzaUnaDestinazione, ma invece per me ha un suo senso, che potrei raccontare riga per riga.

Alain DE BOTTON, Il piacere di soffrire (Guanda)
Alicia GIMENEZ-BARTLETT, Giorni d'amore e inganno (Sellerio)
Andrej LONGO, Dieci (Adelphi)
Andrés TRAPIELLO, Gli amici del delitto perfetto (Neri Pozza)
Anne HOLT, Quello che ti meriti (Einaudi)
Antonio DAL MASETTO, E' sempre difficile tornare a casa (Einaudi)
Carlos RUIZ ZAFON, L'ombra del vento (Mondadori)
Caterina BONVICINI, L'equilibrio degli squali (Garzanti)
Derek RAYMOND, Aprile è il più crudele dei mesi (Meridiano Zero)
Elisabetta BUCCIARELLI, Femmina de luxe (Perdisa)
Fred VARGAS, Parti in fretta e non tornare (Einaudi)
Giorgio SCERBANENCO, Non rimanere soli (Garzanti)
Guillermo ARRIAGA, Il bufalo della notte (Fazi)
Javier CERCAS, Soldati di Salamina (Guanda)
Josephine HART, Il danno (Feltrinelli)
José SARAMAGO, Tutti i nomi (Einaudi)
Marguerite DURAS, L'amante (Feltrinelli)
Marguerite YOURCENAR, Memorie di Adriano (Einaudi)
Milan KUNDERA, L'immortalità (Adelphi)
Olen STEINHAUER, Il ponte dei sospiri (Neri Pozza)
Omar di MONOPOLI, Uomini e cani (Isbn)
Patrick FOGLI, Lentamente prima di morire (Piemme)
Piero COLAPRICO, La quinta stagione (Rizzoli)
Patrick MCGRATH, Follia (Adelphi)
Valerio VARESI, A mani vuote (Frassinelli)


sabato 4 aprile 2009

Roberta Schira, Cucinoterapia


E' l'atto creativo del cucinare, viene prima del cibo e del mangiare. Muove emozioni positive o negative, cambia la nostra esistenza, riesce ad avere effetti benefici sui di noi e sulle persone che ci circondano. E' la Cucinoterapia, raccontata nei quindici capitoli dell'ultimo libro di Roberta Schira (Salani, 123 pagg., 11 euro). Ne ha parlato alla Libreria di via Volta a Erba, accompagnata dalle interpretazioni culinarie di Anna Sartori. Critica gastronomica, formazione umanistica a indirizzo psicologico, negli ultimi quindici anni Roberta Schira ha pubblicato una decina di libri, partendo da quello che è diventato un classico dei ricettari fotografici: il volume sulla cucina di Claudio Sadler, Menù per quattro stagioni, che nel 1989 ha inaugurato la ormai celebre collana di Giunti.

"In Cucinoterapia ci sono le mie grandi passioni: la psicologia e la cucina. Come ogni scrittore, mi piace osservare i comportamenti umani, e in particolare il rapporto dell'uomo con il cibo: in questo libro ho messo i miei ultimi quindici anni, partendo da una premessa: che la salute mentale è fondamentale, perché è la base di tutto". Un capitolo dopo l'altro, si cucina per se stessi, per un amante, per sviluppare la competizione e scambiare i ruoli all'interno di una coppia, per guarire e per stare meglio, con i bambini e per i bambini, per gli animali. Si cucina per condividere un progetto, per creare confidenza e accorciare le distanze, per prendersi cura di qualcun altro: pensarlo, dedicargli tempo, scegliere qualcosa che gli piaccia e che gli lasci un ricordo. "Si cucina anche per imparare l'attesa, il senso della lentezza, il rispetto dei tempi, il divenire e la pazienza. E poi per applicare questo insegnamento ad altri momenti della vita".
La cucina è così atto creativo, strategia antidepressiva, gesto di generosità, volontà di mettersi in gioco.

C'è il comfort food, il cibo consolatorio: "E' una connotazione negativa che ho ribaltato: da "sto male e quindi mangio", l'ho trasformata in "sto male e quindi cucino". Il gesto compulsivo diventa così creativo. Anziché aprire il frigo e afferrare qualcosa di già pronto, mettiamo sul fuoco l'acqua per la pasta. Magari finirà in nulla, ma intanto è stato spezzato un meccanismo negativo attraverso un momento di progettualità". Il cibo consolatorio è qualcosa che abbiamo già mangiato, che ci riporta all'infanzia. Mangiamo i nostri ricordi, cerchiamo i gusti che ci hanno fatto stare bene. E' sempre un alimento non costoso, facilmente reperibile, con la variabile dolce o salato.
Pane, olio e sale.
Pane, burro e zucchero.

C'è il piatto dell'ultima cena: è qualcosa di semplice, di appagante i sensi, di identificativo, di casalingo. Assieme a lui il vino, e non è quasi mai qualcosa di troppo complesso, troppo strutturato o ricercato, ma un'ondata di sensazioni immediate.

Nelle motivazioni che spingono verso l'atto del mangiare, la fame è solo al quarto posto. E allora prima cosa c'é? In Cucinoterapia Roberta Schira ha cercato le risposte. Parla di donne per cui il cucinare è un gesto quotidiano, attraverso il quale passa il potere di distribuire il cibo. Parla di uomini per cui un virtuosismo è diventato professionalità, trasformato in brigate di cucina che si comandano come un esercito.

Gli abbinamenti di Roberta Schira nelle ricette di Anna Sartori:
formaggio Stilton (o gorgonzola naturale) e scaglie di cioccolato fondente;
torretta gastronomica di Caterina;
Kundalini (questa è cocktailterapia: la kundalini è il chakra che sta sopra l'osso sacro e controlla gli impulsi vitali).

Il mio cibo consolatorio: cioccolato fondente, un ecuadoregno artigianale puro al 70 per cento.
Il mio piatto dell'ultima cena: un baccalà mantecato che sia un vero baccalà mantecato.
Il mio vino: Pinot Nero altoatesino, o meglio, Südtiroler Blauburgunder. Un combattente.