venerdì 27 febbraio 2009

Ieri sera



Indimenticabile

mercoledì 25 febbraio 2009

Tre domande a Mr.Degrì

Luca De Gradi-Mr.Degrì, 27 anni, artista comasco, è passato dalla street art alla tela, con opere di gradi dimensioni dai volti stravolti, espressioni estreme, colori dal forte impatto.

Cosa significa per un giovane artista formarsi attraverso la street art?
E' un'esperienza molto diversa rispetto al percorso normale che avvicina alla pittura. Qui si impara da soli, si insiste, si migliora. Dieci anni fa non era capita, ora invece è sempre più apprezzata. Per i giovani che vogliono avvicinarsi al mondo dell'arte, questa possibilità di esprimersi unendosi ai gruppi di strada costituisce un richiamo forte. I graffiti sono opere che hanno un impatto altissimo su chi guarda, e una capacità altrettanto alta di influenzare chi si avvicina a questa forma espressiva, perché è priva di imposizioni. Da questa esperienza mi è rimasto un bagaglio molto ricco".
Con quale tecnica realizzi oggi i tuoi quadri?
Sono autoritratti, è il mio volto che si ripete in espressioni estreme e diverse. Mi faccio autoscatti e li stampo in dimensioni giganti, con una apparecchiatura chiamata plotter. Su queste basi lavoro con smalti e acrilici, prevalentemente nero. Ora sto iniziando a usare i colori, ma sempre molto netti, rifacendomi alla pop art.
Da dove deriva l'inquietudine di questi volti?
Rappresentano il mondo in cui viviamo: le cose non funzionano, e allora le espressioni di chi lo vive diventano tirate, i loro sorrisi duri, esprimono la paura attraverso i loro occhi sbarrati. Vedo il telegiornale e poi lo racconto in un'altra chiave. Sono anche polemico a volte. Voglio essere un esempio trainante, anche usando una chiave poetica come l'arte, è il mio modo di urlare quello che penso.

La musica in sottofondo è questa.


lunedì 23 febbraio 2009

Pagine di vini


Un'arma, un alibi, un mezzo per uccidere e un metodo per confondere le tracce. Un gusto che diventa movente, degustazioni letali e brindisi che sono premessa di sventura irreparabile. Parto da qui per parlare di vino e narrativa, perché lo spunto iniziale me lo fornisce una raccolta di racconti uscita recentissimamente in una collana ormai collaudata, quella dei gialli di Todaro editore. In Delitti di vino (238 pagg., 15 euro), curato come sempre da Tecla Dozio, ogni autore racconta il suo gusto preferito, la sua zona produttiva di elezione, si schiera tra quelli che "solo il rosso può chiamarsi vino", oppure difende i bianchi mossi e leggeri senza anima né corpo, o ancora si definisce bevitore orgogliosamente "analfabeta", come Ugo Mazzotta. Il denominatore comune di questi racconti - belli da tenere sul comodino per una lettura fulminante tra le pause di un romanzo - è comunque il delitto, giallo o noir che sia. Un lavoro antologico, curato e divertente su questo stesso tema, è invece quello fatto in due riprese da Enrico Remmert e Luca Ragagnin in Elogio della sbronza consapevole, con una prima edizione dal sottotitolo Piccolo viaggio dal bicchiere alla luna uscita nel 2004 (Marsilio, 211 pagg., 13 euro), e una seconda, Vendemmia 2004/2005, ampliata da un'appendice musicale - che scivola tra Roger Waters, Vinicio Capossela, Patty Smith e molti altri - uscita l'anno successivo (Marsilio, 235 pagg, 14 euro).  Le citazioni o aneddoti che siano, stralci poetici o letterari, sono fatti con cognizione e passione, da chi ama fortemente la materia prima di cui tratta. La costruzione è cronologica, ma leggendo con metodo zapping può capitare di rimanere sorpresi dall'ironica attualità di frasi come "Quando gli uomini bevono, allora sono ricchi e fortunati e vincono le cause in tribunale e sono felici e aiutano gli amici", per poi scoprire che nasce dalla saggezza globalizzatrice di Aristofane. Il mondo shakerato porta invece nelle varie zone del pianeta ma, come ogni raccolta antologica, il senso vero del contenuto può essere colto solo leggendola. Pagine altrettanto gradevoli, questa volta senza delitti, sono invece quelle di Confesso che ho bevuto. Racconti sul vino e sul piacere del bere, antologia curata da Luigi Ananìa e Silverio Novelli (DeriveApprodi, 235 pagg., 13.50 euro), dove ognuno dei trenta racconti offre una doppia chiave di lettura. Qualche esempio? L'italiano o il forestiero di Roberto Benigni, Paolo Nori, Melania Mazzucco, Il piacere o la conoscenza di Gianni Mura e Francesco Guccini, poi La dignità o la perdizione, Il vignaiolo o Il vinattiere, L'amore o l'abbandono. Divertente. Infine chiudo con I racconti del vino di Chandra Kurt (Aliberti, 125 pagg., 14 euro). L'autrice, originaria dello Sri Lanka è forse la più celebre scrittrice di vino in Svizzera e nei paesi di lingua tedesca, dove ha guadagnato il successo con i testi tecnici, per poi divertirsi con queste contaminazioni con letteratura, arte e strani personaggi. 

Passando dalla teoria alla pratica, farei qualche segnalazione di aziende agricole molto amate e molto a portata di mano. Innanzi tutto due nella zona di Montevecchia, collina lecchese rifugio per la mente e il corpo. Tre produzioni di ottima qualità a La Costa - i rossi Seriz e San Giobbe e il bianco Solesta - a cui si aggiunge da qualche tempo un "appassito" leggero e dall'ottimo carattere, Calido. Insomma, prodotti di cui me ne sono bevuti ormai ettolitri da quando esistono, e dei quali posso garantire la qualità... Aggiungo alla mia lista dei preferiti il Rosato dell'Angela dell'azienda Santa Croce, che in assoluto rimane il miglior rosato che abbia mai incontrato nel mio peregrinare degustatorio. Prevengo chi arriccia il naso davanti alla parola "rosato", sottolineando che si tratta di vino difficile e per palati un tantino snob, capace solo di essere molto buono o del tutto indifferente, senza vie di mezzo. Anche per questo mi piace. Infine chiudo con il vino dei vini. Uvaggio in purezza, nobiltà, carattere indipendente, trasversale come nessuno e affine a ogni cibo acquatico o terrestre: il Pinot Nero. Anzi, vado oltre: il Südtiroler Blauburgunder, che ogni anno viene celebrato qui. Per una citazione su tutte scelgo una grande azienda guidata da una donna: Elena Walch.

La musica di oggi è questa, copiata dall'idea di un amico.  


sabato 21 febbraio 2009

Grazie...


... a Danilo che mi ha mandato questa foto con i suoi auguri di compleanno (ma qual è il tuo blog?).
E grazie anche a Simona, che legge SenzaUnaDestinazione, non lascia mai commenti e consiglia questo "breve ma intenso" La donazione di Florence Noiville, Garzanti.


giovedì 19 febbraio 2009

Storie di polli


Quando si dice il libro giusto al momento giusto. Così è stato oggi il mio incontro con Ricette & altre storie di polli (Guido Tommasi editore, 192 pagg, 28 euro). Ci sono giorni in cui hai bisogno di un libro come questo: bello da sfogliare, che invita al buono da ogni pagina e da ogni riga, con foto seducenti, capitoli dal titolo "Le galline tuttofare", "La gallina e la filosofia", "Essere o non essere una brava gallina da uova?" e poi, insuperabile nella sua metafora sempreverde, "L'uomo che credeva di essere un gallo". Un libro così è una sintesi terapeutica, soddisfa un intero fronte di bisogni: fisico di sfogliare esattamente quelle pagine, psicologico di intelligente inutilità, visivo di bellezza composta dei piatti, di polli e galline tirati a lucido, di piume soffici e bianchissime. Il desiderio di possesso è stato fulminante, il tempo di incrociare il titolo sul dorso, un'occhiata distratta verso lo scaffale mentre parlavo con la mia libraia preferita. Mi sarei catapultata subito, ma le ho lasciato finire la frase. Ho dato un'occhiata alle ricette, letto qualche titolo, ma è stata solo finzione autoassolutoria, per giustificare alla mia coscienza l'ennesima spesa libraria. Era già mio. Domenica SenzaUnaDestinazione - quella vera si intende, non quella virtuale - affronta un altro un compleanno. Per superare al meglio questi momenti, un gallin-pranzo di lusso è quello che ci vuole.

Concludo così.


lunedì 16 febbraio 2009

Donne che (ancora) corrono coi lupi

Ci sono pagine che meritano di essere lette e rilette, concetti da non dimenticare e da ricordare periodicamente, quando ti guardi in giro e ti accorgi che è il caso di ribadirli. Pagine che ti danno forza, che aiutano a fissare i confini dell'indipendenza.
Eccone una.

"Come nel caso delle lupe, delle donne talvolta si parla come se soltanto un certo temperamento, soltanto un certo appetito trattenuto fossero accettabili. E troppo spesso a questo si aggiunge un attributo di virtù o di malvagità legato al conformarsi delle misure, dell'altezza, del portamento e della forma a un ideale singolare o esclusivo. Quando le donne sono relegate a umori, manierismi e contorni che si conformano a un unico ideale di bellezza e di comportamento, sono catturate nel corpo e nell'anima, e non sono più libere.
Nella psiche istintiva, il corpo è considerato un sensore, una rete informativa, un messaggero con miriadi di sistemi di comunicazione: cardiovascolare, respiratorio, osseo, autonomo, nonché emotivo e intuitivo. Nel mondo immaginifico il corpo è un potente veicolo, uno spirito che vive con noi, un adoratore della vita. ... per coloro che sanno leggerlo il corpo è una registrazione vivente delle vita data, della vita presa, della vita sperata e risanata. E' tenuto in considerazione per la sua capacità articolata di registrare reazioni immediate, sentire profondamente, intuire.
Il corpo è un essere multilingue. Parla con il suo colore e la sua temperatura, l'ebbrezza del riconoscimento, lo splendore dell'amore, le ceneri del dolore, il calore dell'eccitazione, la freddezza della mancanza di convinzione. Parla con la sua lieve danza, talvolta oscillando, talvolta agitandosi nervosamente, talvolta tremando. Parla con il battito accelerato del cuore, con il crollo dello spirito e la ripresa della speranza.
... Le donne a ragione contestano gli standard psicologici e fisici che sono lesivi dello spirito e spezzano la relazione con l'anima selvaggia. E' chiaro che la natura istintiva delle donne tiene in considerazione il corpo e lo spirito per la loro capacità di essere vitali, reattivi e resistenti, molto più che in rapporto a qualsiasi misura dell'apparenza. E ciò non significa scartare chi o che cosa è considerato bello da un segmento della cultura, ma disegnare un più ampio cerchio capace di abbracciare tutte le forme della bellezza, della forma e della funzione".
Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi (Frassinelli, pagg. 203-204)

LEI avrebbe qualcosa da dire.

B. consiglia di ascoltare questo

domenica 15 febbraio 2009

Street Art a Erba


Sono arrivati i muratori. I sacchi di cemento e la calce, i ponteggi interni, le carriole e i camion per smaltire i calcinacci. Uno dei due edifici di Erba in via Leopardi messi a disposizione delle crew comasche, sta per essere ristrutturato, e tutto QUESTO presto sparirà. Rimarrà qui, sulle pagine di SenzaUnaDestinazione, almeno finché la rete non andrà incontro a un collasso globale e ci costringerà a rifare tutto da capo.

Mentre fotografavo pensavo a lui.


sabato 14 febbraio 2009

Le stagioni del San Martino


"Il pessimismo è una malattia?". Il titolo spunta da uno schedario, scritto a macchina con le sbavature di nastri ormai dimenticati. L'articolo, pubblicato su un numero del 1928 della rivista Psicologia, lascia questa risposta in sospeso, come tante altre legate alla diagnosi, gestione, cura e non-cura della malattia mentale negli ultimi centocinquanta anni. Una domanda che non possiamo trattenerci dal porci anche oggi, nel tentare di addentrarci verso i sottilissimi confini tra gestibilità e comprensione della complessità umorale, caratteriale, nervosa. Eppure domande e risposte a volte non occupano il piano principale di un ragionamento, ma possono - al contrario - lasciare spazio solo al lusso dell'osservazione, della percezione, dell'invasione di sensazioni da conservare allo stato puro, senza rielaborazione razionale. Il fotografo Gin Angri e il poeta Mauro Fogliaresi hanno fatto esattamente questo quando, per la prima volta, hanno iniziato ad esplorare e ritrarre l'ex ospedale psichiatrico San Martino di Como partendo dall'archivio che custodisce 42mila vite di pazienti, lo schedario della biblioteca, le comunicazioni amministrative, le cure a base di iperico, inoculazione di malaria ed elettroshock, le lettere mai spedite di pazienti che per anni sono rimasti ad attendere ogni giorno le risposte. Una città sconosciuta che per quasi due secoli ha vissuto come un'enclave nella città conosciuta, senza interazioni dirette, nonostante le duemila vite che la struttura di cura psichiatrica, una delle più grosse in Lombardia, è arrivata ad ospitare anche in tempi recenti, prima dello smantellamento imposto dalla legge Basaglia nel 1978. Il libro Le stagioni del San Martino. Documentario fotografico sulla psichiatria (Marna edizioni, 280 pagg., 30 euro) racconta lo stretto indispensabile per farci comprendere cosa stiamo per vedere, e poi lascia spazio alle immagini, ai volti, agli sguardi dei ricoverati, a quelle espressioni che oggi ci appaiono quasi grottesche nella loro approssimazione. Calligrafie accuratissime, nelle schede parlano di pazzia morale (ma cosa sarà mai...?) e quella parziale, della mania furiosa, della melanconia e della demenza, delle preoccupazioni ipocondriache che bastavano a far guadagnare anni di ricovero coatto, delle mentecatte, dei malati psichici di ogni età ricoverati assieme ai detenuti con problemi comportamentali e ai pellagrosi. Il libro è un rispettoso e delicato viaggio da tre punti di vista, ognuno dei quali lascia un segno: l'esplorazione dell'archivio, la dismissione dell'istituto, il rapporto del San Martino con la città e il territorio, con le tante foto in bianco e nero scattate dai degenti geriatrici. Mi fermo qui, aggiungo solo un assaggio di queste immagini.











lunedì 9 febbraio 2009

Regole di gestione di una biblioteca domestica

IL CASO SenzaUnaDestinazione


TIPI
Quelli che tieni anche se non leggi, ma sei convinto che prima o poi lo farai.
Quelli che non sai dove collocare perché anche chi li ha scritti non sa dove collocarsi.
Quelli di autori che hanno scritto tanto e la loro fila è lunga.
Quelli che possono stare sdraiati tanto non li riguardi quasi mai. Oppure sono belli anche così.
Quelli che puoi mettere dietro nelle file doppie perché non è importante vederli.
Quelli che sei orgoglioso di averli letti ogni volta che li guardi.
Quelli che ti ricordano una persona, un luogo, una vacanza, un viaggio. Che si sono consumati e bagnati in spiaggia, che hanno una macchiolina di caffè o che ti sono caduti mentre camminavi per strada.
Quelli che sai di avere letto ma non ti ricordi di cosa parlano.
Quelli che ogni tanto ne rileggi una pagina.
Quelli che smarchi da anni e li vivi come una minaccia ogni volta che ti fissano dallo scaffale.
Quelli che accumuli per quando sarai una pensionata felice.
Quelli che hai conosciuto l'autore e gli sei affezionata anche se non ti hanno fatto impazzire.
Quelli che sono impignati per terra perché non hai avuto ancora tempo di sistemarli, e se li trascuri per una settimana le torri di carta si moltiplicano.

SUDDIVISIONE
Io sono per i generi. Quindi nazione e autori in ordine alfabetico. Le sequenze compatte degli imperdibili a scandire l'alternanza: Yourcenar, Kundera, Malet e Manchette, Simenon, la Cornwell per i momenti così, la Divina Commedia in più edizioni che l'adoro, il Nord Europa che si prende sempre più spazio, gli erotichelli che stanno da soli in alto, la poesia in blocco, la Giménez-Bartlett letta e amata, i Vazquez-Montalban tutti compreso suo figlio, i Garçia Marquez, gli Arriaga pochi ma buoni. Oppure classici, la filosofia che si trasforma e gradualmente diventa sociologia, e lì vicino c'è anche la psicologia. Tutto il crimine sullo stesso ripiano, dalle analisi mentali alla storia delle rapine. L'angolino delle graphic novels, per non dire dei fumetti, il misto dalle cronache, le antologie e poi quello che non è collocabile. Infine i ricettari: fotografici, belli, costosi. Non necessariamente da usare, solo da guardare.

NUOVI ARRIVI
Ci sono quelli che compri perché te li hanno consigliati, perché hai letto una bella recensione, perché li aspettavi o perché lo sai tu e basta. Ci sono i libri che ti regalano gli amici-amici, perché solo loro sanno cosa non hai. Oppure chi ti vuole bene, che ti studia per un po' prima di azzeccare il titolo. E poi ci sono quelli che ti arrivano, dagli editori e dagli autori. Il caso SenzaUnaDestinazione conta tra i 20 e i 30 nuovi ingressi ogni settimana. Non li può tenere tutti.

REGALI
Nessun libro si butta, per principio e perché c'è sempre qualcuno a cui puoi regalarlo. All'inizio pensavo alle biblioteche, poi ho capito che non tutte apprezzano la donazione, allora ne ho scelta una in particolare: quella del carcere. A loro regalo libri nuovi o in buono stato: arrivano a persone che spesso si affezionano alla lettura solo durante la detenzione, ma che mostrano passione e coinvolgimento. Thriller per il maschile, amore, sentimenti e magia per il femminile. Questi vanno per la maggiore, ma tutto piace.
Poi ci sono amici e amiche, a cui distribuisco in base al genere e alle preferenze: l'azione e il poliziesco a M., i sentimentaloni a T., i passionali un po' stuzzicanti a un altro M., i doppi scambiati con B., ogni tanto arriva C. che fa un'incursione che le basta per qualche mese, e via discorrendo. A volte uno rimane in parcheggio per un po', ma poi trovo il lettore adatto anche a lui.
Qualcuno (giornalisti o simili, si dice) pare che li rivenda a metà prezzo, soprattutto se di prestigio: se è per beneficenza la causa è nobile, altrimenti si commenta da sé.
Quelli per i regali di compleanno, Natale o per le occasioni, si comprano sempre: la donazione qui prenderebbe il sapore del riciclaggio.

MANIACALITA'
La prima forma è nel puro possesso. Nel rifiuto di prendere il libro in una biblioteca pubblica, perché deve essere tuo e basta. Nella passione per l'oggetto in sé, per la sua copertina, la sua forma. Nella prima pagina in cui c'è il mio nome e cognome, il mese e l'anno in cui ci siamo incontrati, il numerino in matita nell'angolo.
Poi c'è la maniacalità della dedica con firma: lo scarabocchio e finita lì degli anglosassoni e degli americani, il calore di spagnoli e sudamericani, i francesi che dipende da quanto sono simpatici e di buonumore in quel momento. Gli italiani che si va dal legnoso a quello che ti conquista con due parole scritte sulla prima pagina.
Infine c'è l'ex libris: bello ma scomodo, ogni volta te lo devi appiccicare, e poi magari dopo un po' ti stufa. Ora sto ragionando su un timbrino personalizzato: devo ancora capire se mi piace.
Questa GALLERIA FOTOGRAFICA è maniacalità, feticismo, esibizionismo e forse anche qualcosa di mentalmente disturbante.


ERRORI DA NON COMMETTERE
La classificazione con il progressivo numerico, perché imprigiona. Se già fai fatica a separarti da un libro, anche se vecchio e mai letto, il fatto che tu lo abbia classificato con un numero, che andrebbe sostituito per non creare presenze fantasma, diventa un impedimento mentale ulteriore.
Prestare: mai, mai e poi mai. Perché li pasticciano, li stropicciano, non te li restituiscono e tu devi sostituirli con un anonimo qualunque, lo stesso titolo impoverito del vissuto che vi legava.

PER CONCLUDERE una bibliografia, pescata random mentre mi guardavo in giro:
Riccardo De Bury, L'amore per i libri, Rizzoli Bur
Tzvetan Todorov, La letteratura in pericolo, Garzanti

In sottofondo lei da Parigi



mercoledì 4 febbraio 2009

Silvia Cossetta, Tragedie

Oreste

Medea

Lico

Giocastra

Edipo

Deianiera

Clitemnestra

Antigone ed Emone


SILVIA COSSETTA, TRAGEDIE

"E’ un lungo sentiero quello imboccato da Edipo, Medea e Oreste che trascina i personaggi in violenze ed inganni: oggi come ieri la stessa sete di potere, la stessa fredda determinazione, la stessa disperazione... La luce scava nelle pieghe dell’anima, cerca un perché alla sofferenza, non si placa e non mitiga i contorni, appare come un bagliore sordo di speranza che illumina un vuoto".


lunedì 2 febbraio 2009

Parole, da ripensare


Ripenso alle parole, al valore di ognuna e ai loro significati, alle densità che si sono perse strada facendo, a ciò che veramente trasmettono. Alla strada lunga che hanno percorso, trasformandosi nei secoli tra scrittura e parlato. Ai contenuti svuotati dalla fretta, all'impoverimento del linguaggio, alla ripetitività di espressione, a qualcosa di importante che mi sembra di dover mettere a fuoco.Allora le isolo, cercando di ritrovarne il senso profondo, che sia assoluto o legato al significato che io gli attribuisco. Le porto con me una alla volta. Cerco di pensarle e di ripensarle, di salvarle, di custodirle. Senza fretta.

RIFLETTERE, tornare a farlo
BANALITA', quanto spazio si sta prendendo
POVERTA', quanto è distante
BENESSERE, da dove passa
ELEGANZA, in quali confini vive
TELEVISIONE, cosa ci sta dicendo
PROTAGONISMO, in quale forma ha un senso
ARTE, quanto ne abbiamo bisogno
AMICIZIA, concetto facile, e invece no
CRUDELTA', se serve, quando serve, perché serve

Nella foto, dal basso verso l'alto, per stimolare i pensieri.
David Le Breton, Il sapore del mondo. Un'antropologia dei sensi, Raffaello Cortina
Elisa Paganini, La vaghezza, Carocci
Laura Bazzicalupo, Superbia. La passione dell'essere, Il Mulino
Davide Miccione, Guida filosofica alla sopravvivenza, Apogeo
Gilles Lipovetsky, Una felicità paradossale. Sulla società dell'iperconsumo, Raffaello Cortina

Un jazz, qui

domenica 1 febbraio 2009

Trastevere per un giorno


Si vedono per un attimo come macchie di colore, le foto sono sfuocate, impossibili da scattare mentre si viaggia a trecento all'ora sulla linea Milano-Roma. Rimangono le forme strane che sfumano, qualche faccia di pupazzo che interrompe il cemento, la sfida giocata a colpi di bombolette spray di chi da anni e di nascosto riveste i palazzi abbandonati, i terrapieni lungo la ferrovia, i vecchi vagoni dei treni. Tutto questo ti segue per meno di quattro ore tra Milano Centrale e Roma Termini, fino a una stazione lontana seicento chilometri da quella della tua città. Clima tiepido, librerie nuove, thè giapponese al gelsomino, ancora una presentazione, un libro che hai già letto e che anche questa volta ti appare diverso. E poi i volti, quelli che avevi visto solo in foto e quelli di chi avevi conosciuto solo per la scrittura, per i blog, per la condivisione di opinioni e di argomenti. Te li trovi davanti, qualcuno è uguale qualcuno no. Sorrisi e sorrisi, da lì in poi tutti insieme. Per finire una carrellata di fritti a cena, anche se non ne mangi mai: il merluzzo, il fiore di zucca, il supllì di riso (e finalmente ho assaggiato pure quello, con le mani altrimenti guai...), porzioni che ti bastano per una settimana, la delicatezza culinaria lasciata ai deboli di stomaco.
E il ridere, tantissimo, fino allo sfinimento.

Quello che ho cercato di catturare sta qui.

Da questa gita sono tornata con:
Paul Eluard e Benjamin Péret, Proverbi surrealisti (Stampa Alternativa)
Paolo Pedote, Come in un film di Almodovar (Coniglio editore)
aa.vv., La superiorità naturale della donna (Colonnese editore)
Philip Roth, Il seno (Einaudi), grazie E.
Giovanni Papini, Gli imbecilli (Stampa Alternativa)
William T. Vollman, Manette. Istruzioni per l'uso (Fanucci)
Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita (graphic novel di Andrzej Klimowski e Danusia Schejbal, Guanda)

La musica ha questo ritmo

Lui c'era, anche lui, lui, e lui, e poi lei, lei, e lei