venerdì 12 settembre 2008

Nomadi contemporanei

Il concetto di casa come rifugio e come estensione del nostro corpo: tema su cui riflettere quando si ragiona sugli spazi del vivere, ma anche della costruzione di sé. "Casa" è un concetto facile: è il luogo del ritorno, della certezza, dei valori, è la scatola che contiene i punti di riferimento della propria vita, gli affetti e i simboli di ciò che si è costruito strada facendo. Sta tutto lì dentro. Fisicamente, l'abitazione è un luogo che abitualmente viene concepito come qualcosa di ancorato al suolo, ma che facilmente può diventare precario, come una tenda in un campeggio. Uno spazio che, in qualunque sua forma, prende vita con chi ci abita, e diventa un modello (anzi, un concetto) non solo flessibile, ma la sintesi di due estremi: costruzione e distruzione. Possesso e perdita. Per ribaltare la prospettiva, basta mettersi nei panni dei cittadini del mondo, dei nomadi e di chi è in fuga, di chi ha l'esigenza di un rifugio anche provvisorio. Così, in questa doppia prospettiva, la casa-tenda stravolge il suo significato, passando da luogo di vacanza, di libertà e di divertimento, di trasferimento momentaneo delle proprie abitudini, al luogo della perdita di tutto, della provvisorietà, dello sradicamento. Qualcosa che basti solo a proteggere, riparare dalle intemperie, circoscrivere l'intimità degli affetti in uno spazio definito.
Questo luogo di transito, che parte dai minimi termini concettuali e dai bisogni essenziali, è diventato il modello di ricerca per un'esigenza contemporanea di casa alternativa. Il progetto "Seek Refuge" è ideato dagli artisti Filippo Borella ed Enrico Cazzaniga, e si collega a una mostra-evento curata da Marta Casati e Riccardo Lisi. In questa continua riflessione sui luoghi e sui modi del vivere, il risultato va al di là del concetto di mostra d'arte, e diventa "un'esperienza di aggregazione basata sulla convivenza, con pratiche artistiche all'interno di un luogo particolarissimo: un campeggio, la tappa tipica di moderni nomadi". La realizzazione concreta di tutto questo è da oggi protagonista di un'esposizione alla Biennale di Architettura di Venezia, dove rimarrà fino al 2 novembre. All’interno del camping Venezia Village sono distribuite le installazioni di una ventina di artisti internazionali e di designer specializzati nell’”architettura d’emergenza”, che hanno pensato, progettato e realizzato questo concetto di casa-rifugio.
Lì c'è il risultato del loro pensiero, il nostro parte da questa riflessione e dalle pareti che ci circondano.

La musica è qui


3 commenti:

Anonimo ha detto...

Insediamenti precari i luoghi di transito è il sottotitolo di Seek Refuge.
Estremizzando mi vien da dire che il primo insediamento precario è la nostra fisicità, il nostro essere corpi. Ed è proprio in questo "non luogo" che dobbiamo imparare a stare bene così da fare di ogni luogo, di ogni posto la nostra casa.
Lacio drom!

elisabettabucciarelli ha detto...

Sì, è così, a meno che la casa non significhi altri (persone) che la identifichino come tale. "La casa è la mia famiglia", ad esempio. Oggettivando gli umani spesso si prendono sonore cantonate, tipo pensare che la propria moglie sia un tetto o che i propri figli delle poltrone. E il meglio sta fuori dalla porta.
liz

SenzaUnaDestinazione ha detto...

La prima casa sta in noi stessi: concetto basilare, ma in quanto tale forzatamente punto di partenza. Da lì in avanti la costruzione del rifugio deve tener conto di quante e quali difese abbiamo bisogno per trovare un posto nel mondo che sia nostro. Mentalmente prima di tutto.