sabato 31 luglio 2010

Antonio Paolacci, Salto d'ottava


Una grande area dismessa, ex fabbrica e ora "Rottame", contenitore indiscriminato di scarti. Cuore e scenario di una storia, luogo in cui si incontrano e si generano contrasti, involucro silenzioso e imponente che inghiotte ogni violenza. Paura e soggezione, spinta cinica a superare i limiti imposti dalla civiltà, solitudine, abbandono verso ogni genere di caduta al ribasso. Rimane questo sapore quando si termina di leggere Salto d'ottava di Antonio Paolacci (Perdisa, 116 pagg., 10 euro). La vita di un Matteo adolescente prima e dopo, che si proietta di continuo verso il suo gemello, o il suo se stesso ormai affermato e annoiato. La ricchezza inutile, il distacco da tutti, le prostituzioni che cambiano forma. Sensazioni che si intrecciano mentre la storia cambia scenario, con lo scheletro di cemento che governa  ogni impulso. L'assenza di ogni ansia morale lascia spazio alle sole azioni, all'osservazione di un corpo privo di vita, che un tempo era un ragazzo e ora è qualcosa privo di forma. 

Da dove arriva il salto d'ottava, e perché una metafora musicale?
Del concetto di ottava musicale si potrebbe parlare fino allo sfinimento: c’entra con la filosofia, la fisica, la metafisica, la psicologia. Il salto d’ottava indica il passaggio da una nota alla stessa nota di un'ottava maggiore o minore: il suono è un altro ma la vibrazione è la stessa. La metafora, nel romanzo, è relativa al tempo che passa, o meglio alla percezione di giorni, stagioni, anni che sembrano uguali a loro stessi, cioè di una dialettica tra mutamento e ripetizione. Il concetto ha più di un senso: storico, individuale, pubblico. 
Quale Matteo ha determinato la creazione dell'altro?
Nessuno dei due. La struttura del racconto è stata l'idea da cui sono partito, per cui i personaggi sono nati assolutamente insieme. Le due storie dovevano essere avvicinate fino a essere comprese in uno sguardo unico. Andavano portate al presente del racconto sotto gli occhi del lettore, dove hanno lo stesso peso e pari dignità narrativa. 
In questo libro ci sono molta solitudine, indifferenza, assenza di paura, nichilismo. Anche nel protagonista più giovane. Quando guardi gli adolescenti vedi questo?
Il romanzo racconta un reato molto preciso, punito dalla legge, e in parallelo parla di gradi diversi di innocenza e colpa, di responsabilità, di indifferenza sociale, oltre che individuale. In tutto questo, tra adulti e adolescenti non c’è diversità. Il meccanismo stesso del racconto accosta età diverse anche per questo: per non delimitare il campo a un’età transitoria come le altre. Chiaro che ogni personaggio ha le sue caratteristiche, e un adolescente si comporterà come tale, con tutte le premesse e le conseguenze del caso, ma io, da narratore, quando guardo gli adolescenti non vedo altro che persone e se li penso come personaggi non vedo altro che storie.


2 commenti:

AngoloNero ha detto...

A me il Paolacci è piaciuto tanto, ci tenevo a dirlo. Mi riferisco sia a Salto d'ottava che all'autore, conosciuto un paio di settimane fa, davvero un'ottima impressione.

SenzaUnaDestinazione ha detto...

Concordo :-)