sabato 13 novembre 2010

Domingo Villar, La spiaggia degli affogati


Piccole spiagge, un paese che si chiude in pochi scenari, esistenze ancorate a una claustrofobia mentale e ambientale che trattiene tutti legati a un solo luogo e a un accadimento del passato. Pensieri soffocanti, esistenze che da anni fanno i conti con la paura. E' Panxón, località della Galizia dove l'inverno porta l'abbandono e il silenzio. In La spiaggia degli affogati (Kowalski, 450 pagg., 19 euro), l'ispettore di polizia Leo Caldas indaga sulla morte di un pescatore, apparente suicidio, ma in realtà omicidio senza ombra di dubbio, con quelle fascette verdi legate per il verso contrario attorno ai polsi. Arriva da Vigo, dove ha sede il commissariato, preceduto dalla sua fama di speaker radiofonico di una trasmissione in cui i cittadini chiedono giustizia per i piccoli soprusi: un obbligo molto più che un piacere, ma questa è solo una delle tante cose di cui non riesce a liberarsi, e non la più grave. Caldas accantona i pezzi della sua vita, lascia la priorità ai morti ammazzati che lo salvano da tutto il resto, si prende i tempi che gli servono. Aspetta il momento buono, che arriva sempre.
Quella di Domingo Villar è una scrittura limpida e fluida, che si contrappone alla cupezza dei paesaggi e degli animi che racconta. Tutto si muove attraverso sfumature, attente e ragionate, come lo sono le riflessioni sulle parole e sui significati che introducono ogni capitolo. Un rimando che non lascia indifferenti, uno stacco che obbliga a pensare al linguaggio, alle sue suggestioni e ai fraintendimenti. Alle sue generosità e durezze. Un linguaggio con il quale Villar costruisce una storia di inquietudini e prepotenze, disseminata di verità e alleggerita da momenti di ironia molto ben calibrati. Leo Caldas è un bel personaggio, che si ha voglia di trovare da qualche altra parte. Sa andare a fondo di ciò che vede, senza mai scadere nella pesantezza. E' intelligente e sa prendersi le giuste misure, abbastanza da riuscire a convivere con Rafael Estévez, collega dalle reazioni improvvisate e poco ragionate. Vive una sua solitudine che gli permette di comprendere quelle degli altri. Delle vittime, di chi è sopravvissuto. Di suo padre con le vigne e il quaderno degli idioti. Dei criminali, che non sono mai diversi da nessuno.

2 commenti:

Nela San ha detto...

Finalmente trovo qualcuno che apprezza Villar. Navigando per la rete ho trovato il tuo post e sono stata molto felice di leggerlo. Non ho ancora finito la lettura di questo romanzo, ma già dai primi capitoli mi sembra migliore del primo, Occhi di acqua. Non so se lo hai letto, anche quello ha come protagonista la coppia Caldas-Estévez.

Saluti
Nela San
PS complimenti per le foto dei libri, locations molto originali!

SenzaUnaDestinazione ha detto...

Occhi di acqua non l'ho ancora letto, però ho scoperto di averlo in un angolino della mia libreria. Cercavo giusto qualcuno che me ne parlasse....
Quest'ultimo a me è piaciuto molto, ha un sacco di sfumature profonde, è ben scritto e mi ha coinvolta parecchio: per questo sono un po' incerta sul precedente, temo di fare un passo indietro