lunedì 27 aprile 2009

Luca Poldelmengo, Odia il prossimo tuo

Un intreccio di storie che partono da lontanissimo e si scontrano per motivi assurdi ma incredibilmente vicini a quanto potrebbe accadere nella realtà, una scrittura veloce e coinvolgente. Odia il prossimo tuo, esordio narrativo di Luca Poldelmengo (Kowalski, 186 pagg., 12 euro), è il libro che in queste ultime settimane ho letto con più piacere, senza mai perdere il passo veloce che parte fin dalle prime pagine. Personaggi che formano uno spettro sociale dal ritmo sincopatico, che si muovono con rabbia, violenza, improvvisazione, delusione, opportunismo tra le periferie e il centro di una città, di una storia, di una loro dimensione di vita. Personaggi alchemici, la cui commistione porta a conseguenze che sono l'anima del romanzo.

Scrittura fluida, storie apparentemente distanti che si intrecciano, pennellate di surreale. Quanto la tua formazione di sceneggiatore deve al tuo stile di scrittore?
Provo a ribaltare la domanda, è il mio stile di scrittore che deve, nel bene e nel male, tutto alla mia formazione da sceneggiatore e in parte a quella - più accademica che pratica - da regista. Odia il prossimo tuo non solo è il mio primo romanzo, ma è in assoluto il mio primo tentativo di esprimermi attraverso la narrativa. Prima non avevo mai tentato questa via neanche attraverso formati dal respiro più limitato come ad esempio un racconto. Per questo credo che il mio "stile" letterario sia ancora da definire, da smussare, forse persino da capire. Un discorso più completo si potrebbe fare sulla poetica, sul tipo di storie che amo raccontare, indipendentemente dallo strumento-linguaggio che uso per farlo.

E' azzardato un paragone tra il tuo libro e la teoria dei Sei gradi di separazione, o il film di Schepisi?
Non ho visto il film ma conosco la teoria, intrigante. Detto ciò non mi è mai passata per la testa mentre scrivevo il romanzo. Credo che il motivo sia che se pure configurando orizzonti simili la teoria e il romanzo partano da due presupposti antitetici: la teoria spiega scientificamente come in realtà il mondo non sia poi così grande, ed infatti è detta anche del piccolo mondo. Il concetto del libro potrebbe essere così sintetizzato: per quanto il mondo sia grande e per quanto delle vite siano diverse tra loro il destino - elemento molto poco scientifico -, è in grado di farle incontrare. Il loro incontro, come quello dell’aria col fosforo, porterà ad una folgorante combustione. Che sia per questo che erano state posizionate così distanti?

Quali personaggi ti sei più divertito a costruire e avvicinare tra loro?
Ci sono alcuni accostamenti nel romanzo studiati a tavolino per dare il massimo della tensione drammaturgica, ma anche per racchiudervi all'interno un arco sociale e storico significativo. E' il caso di Flavio e Cristiano. Un ex brigatista esce dal carcere, desidera rincontrare il figlio che era stato costretto a dare in adozione 25 anni prima. Quale figlio sarebbe più interessante, per lui e per la storia, fargli ritrovare? Un rampollo della Roma bene, nichilista ed egocentrico, che getta un sasso dal cavalcavia solo per gioco senza preoccuparsi delle conseguenze! Mi è sembrata la risposta che desse le maggiori possibilità di indagine sul personaggio e di dramma (nel senso etimologico del termine) alla mia storia. Altri personaggi nascono invece più di pancia, come Armando Peducelli detto Sella: stalliere rozzo e con problemi legati alla sfera sessuale, ma un dio al tavolo verde. Mi ero decisamente stancato dello stereotipo del grande giocatore di poker che è, quasi sempre, di bella presenza e comunque di buone maniere. Ho usato volutamente due esempi agli antipodi per dare l’idea di come ci siano molti modi-necessità da cui può prendere vita un personaggio.


1 commento:

Barbara Baraldi ha detto...

intervista interessante! mi ricordo quando uscì "sei gradi di separazione", al cinema eravamo circa... in sei! ma che gran film :)