martedì 8 dicembre 2009

Roberta Schira, La pasta fresca e ripiena


Da dieci anni Roberta Schira racconta il cibo attraverso ritratti di chef, viaggi nella cucina popolare, narrativa gastronomica, libri per chi prima di mangiare deve fare i conti con la salute, o per chi con il cibo non ha un buon rapporto. "Eppure - dice - finora ho realizzato un quinto di quello che vorrei fare e delle idee che mi vengono strada facendo". Il suo ultimo lavoro, La pasta fresca e ripiena (Ponte alle Grazie, 351 pagg., 16.80 euro) è il risultato di tre anni di raccolta di informazioni in giro per l'Italia. Un libro dedicato a una tradizione che, statistiche commerciali alla mano, sta tornando ad avere grande attenzione: le aziende che producono macchine per fare la pasta negli ultimi mesi hanno segnato un incremento delle vendite del venti per cento, così come la macchine per fare il pane in casa, ma allo steso tempo i corsi per imparare a lavorare la sfoglia, segnano un aumento di oltre il trenta per cento dei partecipanti.
Nel libro di Roberta Schira, pubblicato nella collana curata da Allan Bay, si trovano 200 ricette italiane, 20 formati di riferimento illustrati da Florence Boudet, 50 pagine dedicate a tecniche e consigli, precedute da un percorso storico e da un apparato teorico che spiega da dove arrivano gli alimenti che consumiamo tutti i giorni. Poi gli ingredienti base, gli utensili, i condimenti, i ripieni, la cottura.

Perché tutto questo interesse per questo tema?
"Tornare a lavorare il cibo in casa, ed in particolare impastare, è uno dei gesti che più sublima l'aggressività, che rilassa, il gesto più utile e terapeutico all'interno della gestualità della cucina, fatta di momenti in cui si taglia, si disossa, si fa a pezzi e si mette sul fuoco. Invece la manipolazione ci porta a fare pace con il cibo, da molti punti di vista. L'idea dell'impasto è affascinante, e la pasta ripiena è simbolo di contenuto e contenitore, di dentro e fuori. Sono consapevole che un manuale di questo genere, il secondo che realizzo dopo quello dedicato alle frattaglie, è molto rischioso, perché significa esporsi alle critiche: con molta pazienza, ho cercato di fare ordine, codificare i formati, cercare la versione più tradizionale di ogni ricetta, e ricondurle alla loro territorialità d'origine. Questo lavoro è il mio concetto di ricettario oggi".

Si dice che fare la pasta in casa sia difficile: c'è un fondo di verità in questo?
"La difficoltà è una questione mentale: con un po' di pratica diventa tutto abbordabile. La verità è che la pasta fresca si fa in mezz'ora, ma prima occorre spendere un po' di tempo per esercitarsi, come ho fatto io. Le ricette che si trovano nel libro sono state tutte realizzate, anche più volte. Le indicazioni sono il più precise possibile, ma poi certi aspetti, come il rapporto della pasta con il ripieno, non sono mai generalizzabili, quindi bisogna provare. E' fondamentale arrivare a capire quello che si mangia, maturare la consapevolezza di cosa è davvero il cibo e cosa significa mangiare. Per questo in fondo al libro ho inserito una scheda degustazione, per imparare ad osservare gli aspetti fondamentali e distinguere ciò che è buono. Poi, fondamentale, è non prendersi mai troppo sul serio..."

Cos'è un piatto tradizionale?
"Io intendo una ricetta che si cucina da almeno cento anni. Girando per l'Italia, e soprattutto per la provincia italiana, ho fatto un lavoro comparato: ogni volta che ero in una zona, andavo ad esplorare e confrontare la cucina domestica e della ristorazione, ma anche le pubblicazioni di editoria locale che raccolgono uno patrimonio che raramente va la di là di quel territorio. Da questo lavoro, alla fine è uscita la ricetta che più si avvicinava alla tradizione".



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