giovedì 11 dicembre 2008

Victor Gischler, La gabbia delle scimmie


"Imboccai la Florida Turnpike con il cadavere decapitato di Rollo Kramer nel bagagliaio della Chrysler, continuando a ripetermi mentalmente che avrei dovuto stenderci sotto un telo di plastica. D'accordo, la carretta era a nolo, ma non mi andava di lasciare in giro trofei per l'inevitabile safari della Scientifica. Ora mi sarebbe toccato staccare il tappetino del bagagliaio, innaffiare il sangue di candeggina e sperare che l'Avis impiegasse un sacco di tempo ad accorgersene. Molto meglio se avessi speso un minuto a stendersi sotto un telo di plastica. Merda".
Questo è già Charlie Swift, protagonista in prima persona, a partire dall'incipit, dell'ultimo romanzo di Victor Gischler, arrivato al Courmayeur Noir in Festival dalla Louisiana, La gabbia delle scimmie (Meridiano Zero, pagg.255, 15 euro). Gangster violento, unico sopravvissuto a una guerra tra bande criminali, obiettivo primario di una caccia all'uomo che si sviluppa con ritmi veloci, tra reazioni estreme e humor nerissimo, Charlie rimane legato fino all'ultimo a una sua morale totalmente scollata dalla civiltà, ma capace di rispondere alle regole di obbedienza di quel mondo parallelo che è la delinquenza. 
Qual è il suo concetto di narrativa nera?
"Costruisco personaggi che hanno problemi interiori e difficoltà amplificate dall'ambiente esterno. Questo non è esattamente voler fare noir, ma diventa una conseguenza di dati di partenza forti, di questa fusione tra personaggi e ambiente. Sono tutte persone che pensano di fare scelte giuste, e invece si trovano nei guai".
Perché questa scelta di rappresentare sempre soggetti distruttivi?
"E' una mia perversità, mi diverto. E' nato tutto da un libro secondo il quale la cosa importante, nella scrittura, era creare ai protagonisti guai e situazioni difficili. Io alla fine li salvo sempre, e questo mi differenzia dal noir. Anche qui Charlie sembra aver perso tutto, perché la sua gang sparisce e con lei il suo mondo, i suoi punti di riferimento. Lui diventa un cane sciolto allo sbando, ma alla fine trova il modo di venirne fuori".
Ma quindi la sua dimensione della società è di questo genere?
"Non è positiva né negativa, è solo il prodotto di quello che succede. Ci sono persone di ogni genere che si comportano nei modi più diversi. Il risultato, per come la vedo io, è che la società non ha un cervello, ma è l'insieme di una pluralità di situazioni e punti di vista".
Qual è il messaggio di fondo che vuole trasmettere al suo lettore? 
"Nei miei libri i personaggi possono scoprire dei lati della loro personalità che non sapevano di avere. Per esempio l'amicizia o il senso di lealtà, seppure rapportati alle situazioni che vivono. In questo libro parliamo di una parte della società che non rispetta le regole e la legge, eppure anche in Charlie c'è qualcosa di buono: la fedeltà, l'amicizia che sa dimostrare verso chi lo ha aiutato. Lui è il mio eroe del romanzo, anche se è difficile vederlo positivamente. Tuttavia questo serve a creare contraddizioni e a chiedersi da che parte si vuole stare: il lettore è da solo davanti alla pagina e agli accadimenti, non si deve confrontare con nessuno. Può essere sincero con se stesso e arrivare anche ad ammettere il senso di complicità che gli scatena un personaggio così negativo".



1 commento:

elisabettabucciarelli ha detto...

Sto leggendo questo libro e lo trovo in linea con le buone proposte di Meridiano zero. Anche se in letteratura preferisco chi sonda le violenze psicologiche piuttosto che quelle fisiche.
liz